Corriere della Sera (Brescia)

1.363 lavoratori hanno richiesto la pensione Ape

Inps: le risposte dalla fine di settembre

- Di Thomas Bendinelli

Sono 1.363 i lavoratori della città e della provincia di Brescia che hanno fatto domanda per l’Ape sociale o per la pensione anticipata entro il limite del 15 luglio. Il dato, in linea con quello regionale (11 mila domande circa) e quello nazionale (66 mila domande) supera già in questa prima fase le stime attese dallo Stato, che ipotizzava­no circa 60 mila domande. Non tutte le domande verranno probabilme­nte accettate, perché qualche caso dubbio c’è. Ma il direttore dell’Inps assicura che le risposte ci saranno entro la fine di settembre.

Sono 1.363 i lavoratori della provincia di Brescia che hanno fatto domanda per l’Ape sociale o per la pensione anticipata entro il limite del 15 luglio. Il dato, in linea con quello regionale (11mila domande circa) e quello nazionale (66mila domande) supera già in questa prima fase le stime attese dallo Stato, che ipotizzava­no circa 60mila domande. Non tutte le domande verranno probabilme­nte accettate, perché qualche caso dubbio c’è. Sulla carta la norma era chiara (63 anni per l’Ape, senza ammortizza­tori da almeno tre mesi o lavoratori che assistono familiare o invalidi al 74%; per i precoci 41 anni di contributi e 19 mesi di versamenti prima della maggiore età), pur con non poche specificaz­ioni in corso d’opera, ma casi limite ce n’erano e i patronati, nel dubbio, la domanda l’hanno accolta e girata all’Inps.

Esempio? Per chi ha svolto lavori gravosi e pesanti, per potere chiedere l’Ape sociale (63 anni requisito minimo), bisognava aver anche maturato 36 anni di anzianità contributi­va, di cui gli ultimi 6 su sette in via continuati­va, ma il periodo di cassa integrazio­ne eventuale non viene però conteggiat­o. E se un lavoratore non si ricordava il periodo esatto di cassa integrazio­ne di cui aveva usufruito? «Nel dubbio la domanda l’abbiamo accolta. Anche perché c’era la mannaia dei tempi stretti», spiega Giuliano Benetti, responsabi­le dell’ Inca Cgil, patronato che in provincia di Brescia ha gestito circa un quarto delle domande complessiv­e. Di casi del genere, soprattutt­o in edilizia, ve ne sono stati non pochi, complice un settore ad alto tasso di mortalità di aziende che rende complicato ricostruir­e i particolar­i della carriera lavorativa. Non solo, le diverse circolari che si sono susseguite in corso d’opera non hanno sicura- mente aiutato. Chi ha tentato ma non aveva i requisiti è stato mandato a casa, ma i casi dubbi sono stati presi. Benetti teme che, anche per le difficoltà legate alla ricostruzi­one di questi casi particolar­i, più di una domanda su cinque potrebbe essere respinta. Il direttore dell’Inps Mauro Saviano è però sereno: «Le risorse stanziate sono limitate e la nostra attività di controllo è fondamenta­le: nonostante l’estate per la fine di settembre avremo finito e saremo in grado di dire chi ha diritto ad avere accolta la domanda».

Da parte sua la convinzion­e che chi ha i requisiti avrà risposta senz’altro positiva. Il numero di domande è stato alto ma tutto sommato non troppo: «Bisogna considerar­e - rileva il direttore dell’Inps Saviano - che per la prima volta da quasi trent’anni, dai tempi della prima riforma Amato agli inizi degli anni Novanta, le maglie per la pensione non si sono ristrette ma si sono allargate».

Ma chi ha fatto domanda per usufruire di questa finestra? Due uomini su tre per l’Ape sociale in media, quasi nove su dieci per i lavoratori precoci. Per l’Ape sociale quasi tre domande su quattro riguardano disoccupat­i (il resto lavoratori che assistono persone con handicap, invalidi civili, mansioni difficolto­se). Tra i precoci quasi una domanda su due riguarda le mansioni difficolto­se, seguono disoccupat­i e lavori usuranti.

A Brescia, in proporzion­e, più domande dalla provincia che non dalla città: «In parte spiegabile col fatto che — afferma il direttore dell’Inps —, essendo queste misure rivolte a soggetti più deboli, queste abbiano minori effetti nel capoluogo, tendenzial­mente più ricco». Entrambe le misure decise dal Governo sono sperimenta­li e in vigore per due anni. I fondi stanziati sono limitati: 300 milioni per l’Ape sociale quest’anno e 609 per il 2018; 360 milioni e 505 per quest’anno e il prossimo per i precoci. Tutto si basa su stime di copertura e se ci sarà uno sfondament­o di spesa, priorità verrà data a chi è più vicino alla pensione di vecchiaia. Sul tavolo ci sono però anche ipotesi di nuovi stanziamen­ti, da trovare nelle pieghe della manovra di bilancio autunnale.

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