La geriatria torna al Civile? Per la Regione è possibile
«Da parte della Regione non c’è nessun problema a rivedere il Piano aziendale ed eventualmente a riportare la geriatria da Montichiari a Brescia». Così l’assessore Giulio Gallera, che apre anche alla possibilità di una seconda geriatria. Che sarebbe di riferimento per i 37 mila over 70 che abitano a Brescia.
La politica, come la medicina, non può che essere attraversata dalla compassione, sentire le ferite dell’umanità, non può che muoversi nell’orizzonte della consolazione, nel costruire strumenti per gli uomini e le donne che abitano la polis, perché siano felici, liberi e felici, altrimenti, come la medicina, la politica perde di senso. Il fare politica, come l’essere medico, non può che scrivere relazioni improntate alla reciprocità, all’ascolto, alla fiducia e da lì assumersi l’autorità del buon governo. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro, della competenza che viene dal talento dei medici, dal loro rigore logico ed etico che dà spessore alla loro disponibilità. Abbiamo bisogno della professionalità e del gesto di cura degli infermieri e delle ostetriche, della curiosità e delle intuizioni dei ricercatori, della cultura scientifica, attraversata dalla profonda consapevolezza etica del significato dell’insegnamento, dei docenti universitari, della preparazione di chi fa girare macchine complesse come gli ospedali con risorse sempre più ristrette e compiti istituzionali sempre più ampi, mettendo insieme le esigenze del territorio con quelle della ricerca, l’alta specializzazione con la cura quotidiana di chi vive una vita fragile. Serve una visione prospettica sulla salute, che altro non significa che tornare ad avere cura dei cittadini e delle cittadine, secondo i principi della universalità (nessuno è escluso), dell’equità, ad ognuno è garantita la cura appropriata, e della solidarietà. E se il principio costituzionale della solidarietà è pratica costante — attraverso le fondazioni che già agiscono dentro il nostro ospedale — e se il principio costituzionale dell’architettura istituzionale pone i comuni come porta d’accesso ai diritti, a tutti i diritti (primo tra tutti quello alla salute) è altresì chiaro che la Costituzione, quella che ha scritto la prima repubblica, non si esaurisce in un catalogo di valori giuridici, politici, civili, ma è un documento culturale che unifica , attraverso gesti di straordinaria bellezza, ogni cittadino e cittadina, che, a partire dal suo ruolo pubblico e dalla sua intelligenza del cuore, abbia cura dell’altro. La politica lì deve tornare, da lì deve ripartire, ritessendo la trama della cura intorno agli ospedali, al nostro ospedale: non aziende che debbono produrre, ma luoghi che debbono accogliere e insegnare, luoghi che ospitano e poi accompagnano “fuori”, rispettando l’unicità della persona e il suo luogo quotidiano di vita. Luoghi da governare e non da occupare. Una fondazione che mette insieme pensieri e disponibilità economiche per cercare di dare risposte nel nostro e nel mio ospedale a domande inedite di cura, che sostiene e promuove la ricerca, domande che salgono da uomini e donne, che abitano le tante polis che ruotano attorno all’ospedale, non può non avere accanto a sé la polis dentro cui da sempre l’ospedale vive, quella polis, quel comune che vede ogni giorno da vicino bisogni e desideri, solitudini e vicinanze, che sono poi il cuore di quelle domande. Fondazione luogo di solidarietà, polis luogo del bene comune, ospedale luogo di governo della sanità e di saperi straordinari di medici infermieri e ostetriche insieme a disegnare progetti di cura, in un rapporto costante con l’università. Questa è la nuova fondazione che vorrei.