Tensioni in cella Giorni difficili in via Spalto
Atti di autolesionismo di alcuni detenuti, proteste nelle celle Giornate difficili a causa di un gruppo di carcerati stranieri
Tensioni in carcere tra detenuti a Canton Mombello.
Se fossero liberi vi sarebbe stata la tacita spartizione del territorio di sempre: un gruppo in centro storico, altri due tra la stazione e via Milano, un quarto manipolo di “soldati” dello spaccio a presidiare la provincia.
Ora che alcuni componenti di quei gruppi criminali dediti al piccolo traffico di droga sono finiti in cella, le dinamiche sono saltate, le supremazie pure e in uno spazio ristretto come quello di Canton Mombello, le rivalità e le guerre tra bande sono potenziali bombe ad orologeria. Così può capitare che parta la protesta perché il capo di un gruppo è stato messo in una sezione diversa da quello degli affiliati, oppure che al passeggio o nei corridoi riaffiorino vecchie ruggini tra «manovali» appartenenti a fazioni rivali. È quello che sta capitando in questi giorni a Canton Mombello. Non bastano il caldo, gli spazi ristretti, il personale all’osso per via delle ferie, ma in questa estate torrida bisogna far fronte a tensioni e a momenti destabilizzanti, come è destabilizzante per un ambiente come il carcere un episodio di autolesionismo. In questi ultimi giorni ce ne sono stati cinque, tutti ad opera del medesimo gruppo di detenuti di nazionalità tunisina finiti in cella negli ultimi giorni, dopo una serie di arresti che hanno interessato alcuni spacciatori delle zone di Via Milano e della stazione ferroviaria.
Auto-ferimenti (atteggiamenti comuni fra i detenuti magrebini) che hanno contribuito a creare una certa tensione sfociata anche con accese discussioni con il personale della polizia penitenziaria. Momenti potenzialmente pericolosi che hanno spinto la direzione del carcere a chiudere le celle (attualmente i detenuti possono girare liberamente all’interno delle sezioni) ieri mattina per cercare di capire quali fossero le ragioni della protesta e soprattutto quali fossero i detenuti che più di altri soffiavano sul fuoco del malcontento. La decisione ha provocato le proteste di una parte del carcere che ha voluto far sentire la propria voce con la «battitura» delle sbarre. Una tensione durata fino all’ora d’aria quando le celle sono state riaperte e i detenuti accompagnati al passeggio. Una procedura che, per motivi di sicurezza del personale di Polizia penitenziaria, è stata effettuata con la protezione di scudi, caschi e manganelli. «Non sono serviti - ha spiegato la direttrice Francesca Gioieni - perché i nostri agenti hanno saputo gestire la situazione di tensione con la massima professionalità. Anche perché queste cose si risolvono soprattutto con il dialogo». E il dialogo, nonostante giornate non facili, alla fine ha pagato, permettendo al clima di tensione di stemperarsi e alle celle di riaprirsi durante il giorno così come accade da quando l’istituto bresciano ha iniziato la sorveglianza dinamica. Un plauso al lavoro degli agenti è arrivato anche da Cgil e Sinappe (il sindacato autonomo della polizia penitenziaria). (m.tor.)