CORSE SU STRADA E SICUREZZA
Sono passati esattamente 50 anni dall’ultima edizione della Mille Miglia, «La corsa della gente», come veniva chiamata. A provocarne la fine fu il tragico incidente di Guidizzolo, dove la Ferrari di De Portago e Nelson uscì di strada rovinosamente per lo scoppio di un pneumatico, falciando le vite di 9 persone — fra le quali 5 bambini — oltre a quelle degli stessi piloti. Enzo Ferrari fu paragonato a un novello Saturno che divorava i suoi figli, fu messo sul banco degli imputati (realmente, non solo metaforicamente) e ne uscì distrutto seppur assolto da ogni colpa oggettiva. Da quel momento, comunque, oltre alla fine della Mille Miglia, ci fu un fortissimo ridimensionamento delle corse su strada. Dico ridimensionamento e non cancellazione perché i rally continuarono — e continuano — ad essere organizzati. Come l’ex Trofeo Vallecamonica (classica gara in salita da Malegno a Borno) diventato Rally che sabato scorso ha causato la morte di un commissario di percorso e il ferimento grave di un altro per la rovinosa uscita di strada di un concorrente. Seguo le corse automobilistiche ormai da quasi mezzo secolo da appassionato, oltre ad essermene occupato professionalmente per anni da inviato F.1 sui circuiti di tutto il mondo. Circuiti che sono preposti, attrezzati, allestiti per garantire il più alto livello di sicurezza (il cui azzeramento è — ovviamente — impossibile). Correre oggi sulle strade di tutti i giorni è non solo anacronistico, ma inaccettabile. Lo dico (scrivo) da anni. Ogni volta che accade un incidente mortale. Tragedie non così rare: prima del dramma di Ossimo Inferiore, se n’è consumato un altro al Rally di San Marino lo scorso giugno e un altro ancora alla Targa Florio (ex storica corsa che si disputava sul circuito siciliano delle Madonie poi diventata Rally) in aprile. In F.1, cioè nella massima espressione agonistica in campo automobilistico, l’ultima dramma è quello di Jules Bianchi, morto nel luglio 2015 in seguito all’incidente subito nell’ottobre precedente. Prima di quella tragedia, la F.1 aveva vissuto la sua giornata nera nel maggio del 1994, con le morti di Ratzenberger e Senna. Incidenti mortali verificatisi su circuiti del campionato del mondo di F1, a Susuka e Imola, cioè piste che garantiscono il massimo della sicurezza. Quegli incidenti provocarono la morte dei piloti (piloti professionisti), non di altre persone, come può accadere — e accade — sulle strade di tutti i giorni chiuse al traffico per l’occasione, ma aperte alla sempre presente incoscienza di qualcuno (spettatori assiepati in punti pericolosissimi). Non è mai troppo tardi per aprire un confronto sul tema: «Corse e sicurezza».