Corriere della Sera (Brescia)

Gianmaria Casella 60 anni di lavoro e 30 mila restauri

Gianmaria Casella celebra i sessant’anni di attività Raffaello, Caravaggio e Pitocchett­o fra i suoi pazienti

- di A. Troncana

Mocassini senza calze e odore di vernice che intride come eau de toilette ogni stanza del suo laboratori­o, il violinista mancato riceve in uno studio che trabocca di cataloghi d’arte e locandine di vecchie mostre con qualche veduta negli angoli liberi delle pareti e un maialino di porcellana sulla scrivania.

Al cavalletto, tra battaglie di Solferino e fondi di teatro, un’opera di Federico, suo nipote: «Ricorda il Ligabue degli inizi, ma è meglio». Gianmaria Casella ha iniziato ad abbellire Madonne, incipriare gli incarnati di nobiluomin­i impellicci­ati e salvare capolavori sessant’anni fa. «Come minimo», precisa lui.

Casella, quest’intervista avrebbe potuto farla con un critico musicale: lei aveva un talento per il violino.

«I miei conoscevan­o Alberico Martinelli, il grande violinista diretto da Toscanini. Veniva a cena da noi quasi tutte le sere: dopo il caffè io mi esercitavo con le arie che aveva scritto per me. Adoravo la musica, ma il nostro vicino di casa era l’unico restaurato­re di Brescia, Bertelli: uno dei più bravi d’Italia, re Vittorio Emanuele si fidava solo di lui. Tutte le domeniche andavo da lui per imparare a dipingere».

È stato Bertelli a indurla in tentazione.

«Avevo 13 anni: a 18 ho comprato il suo studio. Da allora ho restaurato oltre 30 mila dipinti».

Lei ha restaurato Raffaello, Tiepolo e altri grandi. A Parigi ha preparato una mostra sul Seicento per il Grand Palais: sistemò un Caravaggio.

«Ci rimasi un anno: mi davano da fare le cose più difficili. Ogni martedì mi chiudevano al Louvre per i restauri: la Gioconda era ancora appesa al muro come un quadro qualsiasi: avrei potuto prenderla, arrotolarl­a e portarmela via».

Divenne il re di Francia tra i restaurato­ri.

«Perché i francesi sono pigri: si figuri che all’epoca il museo aveva solo due o tre restaurato­ri e vivevano sulle nostre dispense. Ho girato in tutto il mondo: Russia, America, Inghilterr­a, Francia. L’Italia è sempre stata all’avanguardi­a».

Patria di artisti e restaurato­ri.

«Adesso, i miei colleghi vanno in cerca dei prodotti chimici più originali. Prendono il granello di polvere e lo studiano per giorni. È importante ma quando c’è da restaurare un dipinto alla fine conta lavorarci sopra con la testa».

Uno dei quadri più difficili da salvare?

«Non c’è niente di impossibil­e: abbiamo restaurato tutto. Per la Venaria di Torino ho dovuto sistemare uno dei quadri più belli di Van Dyck, il Principe Tommaso di Savoia: il telaio, senza cuciture di giunta, era messo molto male dopo aver viaggiato in tutta Europa. Un’altra volta, con il parroco del Duomo di Pavia, abbiamo trovato un Padre Eterno con gli Angeli di Moncalvo arrotolato su un tronco d’albero: la tela era tutta strappata. Per anni avevano pensato che fosse stato rubato e invece qualcuno l’aveva nascosto dopo il crollo del campanile».

Lei ha frequentat­o moltissimo Longhi e Testori.

«Mi hanno insegnato tutto. D’estate, con Oreste Marini, grande studioso di Ceruti, si andava a casa di Testori a Forte dei marmi a parlare di arte e giocare a bocce: sua moglie ci cacciava dopo un quarto d’ora. ‘Lasciatelo studiare’, diceva». Sgarbi è sempre qui. «Con lui, io e mio figlio Alberto, restaurato­re come me, abbiamo un sogno: completare il restauro del più grande ciclo

pittorico di Andrea Celesti nella chiesa di Toscolano, allestire una mostra mondiale e stampare un catalogo. Vittorio se ne è innamorato: è un progetto importanti­ssimo, se ne è interessat­a anche la Regione. Cerchiamo sponsor».

Intanto, festeggia i suoi sessant’anni con un libro sul Ceruti e salvando due capolavori della Pinacoteca, entrambi dell’artista: La scuola di ragazze (Casella lo sistemerà gratis, ndr) e i Calzolai.

«Il volume, che presenta anche una ventina di inediti, è dedicato a Mina Gregori: ha scritto la prefazione. A conoscerlo bene, il Pitochetto è il pittore più bravo della sua epoca. Lo posso dire con certezza: ho restaurato quasi tutti i suoi dipinti».

Lei in pensione non ci andrà mai?

«Uscirò da qui solo in posizione supina».

Debito di gratitudin­e «Ho imparato tutto da Longhi e Testori: con lui giocavamo a bocce, la moglie ci cacciava»

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Presse). Casella festeggia i suoi primi 60 anni da restaurato­re con un libro sul Ceruti, di cui ricorre il 250esimo anniversar­io della morte. Casella in carriera ha lavorato al Louvre e ha...
Restauri Gianmaria Casella nel suo studio (Campanelli/La Presse). Casella festeggia i suoi primi 60 anni da restaurato­re con un libro sul Ceruti, di cui ricorre il 250esimo anniversar­io della morte. Casella in carriera ha lavorato al Louvre e ha...

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