Nell’ex sede della Dc appartamenti di lusso
Palazzo Tosio, sede della Dc fino al 1993, oggi sconta il segno dei tempi. E serve un poderoso intervento economico per il suo recupero. Milioni di euro per poter far tornare a splendere i 1.624 metri quadrati calpestabili, che potrebbero ospitare appartamenti di lusso e non solo. La Loggia nella sua relazione tecnica parla di possibili «attività terziario-direzionali come uffici, sale conferenze, spazi espositivi» o spazi con destinazione «turistico-ricettiva». Interventi logicamente da progettare con il consenso della Sovrintendenza. L’edificio che apparteneva ad un ramo della nobile famiglia Maggi, che lo vendette nel XVII secolo, è proprietà della Loggia dal 1884. Ma il Comune non ha la liquidità necessaria per recuperarlo (se li avesse, la precedenza andrebbe a palazzo Avogadro di Corsetto Sant’Agata, anch’esso ostaggio dell’incuria).
Sempre l’ufficio tecnico della Loggia segnala «pessime condizioni igieniche dovute alla presenza di volatili morti e guano. La maggior parte dei locali presenta diffuse macchie di umidità e muffe, cedimenti dei solai, rottura di serramenti. Gli impianti igienici non sono funzionanti così come tutti gli impianti elettrici ed idrotermosanitari». E le facciate interne alla corte ed esterne, lungo via Tosio, «devono essere ristrutturate anche se non presentano patologie tali da richiedere interventi urgenti di recupero» anche se la copertura è stata completamente rifatta nel 2010. Tranchant le conclusioni: «È possibile considerare l’immobile del tutto inagibile». Quindi le indicazioni pratiche: «Le principali misure di conservazione consistono nella volontà di far ripartire i cantieri innescando l’interesse economico per un rapido recupero di un immobile che giace inutilizzato ed in condizioni di inesorabile declino». L’architetto Mara Gelmi, responsabile del servizio tecnico comunale, scrive che la destinazione preferibile sarebbe quella residenziale: «ben si addice alla storia del palazzo e ne consentirebbe un miglior utilizzo a fronte di un numero piuttosto modesto di interventi invasivi». Come seconda alternativa viene indicata la possibilità di mixare residenze ad uffici o sale conferenze, «attività che abbiano una vocazione prevalentemente aperta al pubblico». Ma non si disdegnano fini turistici-ricettivi, con attività di ristorazione e rappresentanza che possano sfruttare l’ampio cortile interno. I futuri proprietari privati, che da agricoltori si ritroverebbero proprietari di uno dei palazzi simbolo di Brescia, sarebbero intenzionati a mettere a reddito il futuro acquisto. Inserendosi sull’onda lunga della crescente vocazione turistica della città. Ma dovranno fare i conti con un mercato immobiliare per nulla facile e una concorrenza «agguerrita». A poche decine di metri, proprio in via Crispi, è dormiente il progetto di creare residenze di lusso nell’ex caserma Gnutti, acquistata dalla Nibofin (Gruppo Fondital). Di quante residenze prestigiose ha bisogno Brescia?