BRESCIA 2030 SOGNI E IDEE
Sandro Belli, da sempre appassionato osservatore delle cose bresciane e nominato dal sindaco Del Bono nella squadra dei «saggi» che avrebbero dovuto affiancare, come consiglieri del principe, la gestione amministrativa di Brescia, ha convocato amici e raccolto progetti intorno al futuro della città rendendo pubblici i risultati in un fascicolo che porta il titolo «Brescia città grande 2030». L’impressione è che quella commissione abbia avuto poche «commesse», ed è possibile pensare che questo libro bianco raccolga molte delle suggestioni che Sandro Belli e «i saggi» hanno suggerito o avrebbero voluto suggerire ai responsabili dell’amministrazione pubblica. Il fascicolo contiene i molti temi che stanno sul tavolo della città, dal verde alla qualità di vita, dal commercio al riuso delle aree dismesse, dalla rinascita del Cidneo all’uso degli edifici pubblici abbandonati, dalla riprogettazione della funivia per la Maddalena al rinnovo museale con l’integrazione di nuovi progetti e di nuove funzioni e poi i parchi delle colline e la via del marmo, nuove periferie e identità di quartiere e mobilità dolce . C’è insomma materia di meditazione che unisce pura fantasia di idee e possibile concretezza di progetti. Nella conclusione, come obiettivo che va oltre il 2030, Sandro Belli ci fa partecipe di una visita alla città in un giorno feriale del 2038. E si immagina di ricevere l’ospitalità dell’Istituto per la Lombardia Orientale, un moderno edificio della nuova Brescia dove hanno sede le rappresentanze istituzionali e le sedi decisionali operative che tengono in una unica dimensione amministrativa i territori di Brescia, Cremona e Mantova. Racconta di studenti che si muovono in metropolitana fra le sedi universitarie delle tre città, collegate anche da personal-droni e da auto-cicli biposto. L’istituzione funziona benissimo, aggiunge, valorizza in modo eccellente nel mondo le qualità del territorio, che, per dimensione e proposte innovative di produzione, di cultura, di tempo libero, di modernità della «rete», rappresenta ormai il complemento, se non l’alternativa consolidata al primato dell’area milanese nel territorio della regione Lombardia. Inutile aggiungere che si tratta di un esercizio tra l’accademico e il fantasioso, un sogno irrealizzabile, anche se coglie un problema e indica una ipotesi di tendenza. Ma la segnalazione del fascicolo è doverosa per due indicazioni: la prima dice che «l’dea», l’identità di una città esige sguardi lunghi che vanno oltre il tempo frazionato dell’amministrazione e la seconda suggerisce alla città il dovere di ragionare con forza su se stessa, se si vuol disegnare e conquistare insieme il proprio futuro.