La Centrale del Latte resta comunale con un decreto del premier Gentiloni
Esclusa dai tagli della legge Madia. Del Bono: «Boschi ha capito la sua strategicità»
La Centrale del Latte resta nelle mani del Comune. La Loggia non sarà costretta a vendere nemmeno una del 51% di quote. Il presidente del consiglio dei ministri, Paolo Gentiloni, nei prossimi giorni firmerà un decreto ad hoc per sfilare la storica società bresciana dalla mannaia della legge Madia, la quale impone agli enti locali di dismettere le «partecipate» non strategiche per le loro funzioni amministrative.
Ha di che sorridere il sindaco Emilio Del Bono, che ha comunicato alla stampa la buona novella comunicatagli telefonicamente l’altro ieri dal sottosegretario Maria Elena Boschi (ha chiamato lei). «Voglio ringraziare personalmente l’onorevole Boschi e il ministro Madia — spiega il primo cittadino — in quanto hanno compreso il patrimonio straordinario, in termini di sicurezza ed educazione alimentare, che rappresenta la Centrale per il Comune di Brescia e tutti i bresciani. L’unica Centrale a controllo comunale rimasta in Italia, che macina utili (l’ultimo dividendo per la Loggia è di un milione) ed è esempio di buona gestione di una società pubblica. Migliore, per diversi parametri, anche di molte aziende private». Del Bono, che giusto due settimane fa era andato a Roma con il presidente della Centrale, Franco Dusina, proprio per chiedere alla Boschi una deroga per Brescia, non dimentica di sottolineare il ruolo avuto dal caseificio comunale nel 2007 nello scoprire (bloccandone il ritiro) le partite di latte al Pcb munto in una decina di stalle dell’hinterland. Il laboratorio di analisi interne lo scorso anno è riuscito ad intercettare e respingere al mittente anche le cisterne dove c’era latte contaminato da aflatossine. Ruolo riconosciutole ora anche dal Governo, «che in passato ha già dimostrato attenzione alla nostra città a difesa della sede del Tar e per potenziare l’organico dei magistrati». Ma l’imminente decreto non deve essere letto come un «favore politico» di casa Pd: «La scelta di lasciare la Centrale al Comune in realtà non contrasta con la legge Madia — prosegue Del Bono — che ha finalità certo moralizzatrici ma è pensata per sfoltire le migliaia di società a controllo comunale che da anni hanno bilanci in perdita o sopravvivono solo per garantire i compensi al cda».
In attesa della firma di Gentiloni, oggi il consiglio comunale deliberà ugualmente la richiesta ufficiale di «esclusione» della Centrale dalla mannaia della Madia. E la delibera contiene anche l’opzione «B», che prevedeva di quotare la società nel segmento Aim di Borsa Italiana. Un’opzione che si annunciava costosa e complicata, visto che il Comune per poter mantenere il controllo del Cda, avrebbe dovuto prima triplicare il valore delle sue azioni, emetterne delle nuove a valore «uno» e poi vendere il 30% delle sue quote.
Un salvataggio, quello della Centrale, che gode di sostegno tripartisan (Pd, centrodestra, M5S). Qualcuno della minoranza, però, dovrà rimangiarsi le accuse di «poca incisività» sul governo lanciate nei giorni scorsi a Del Bono.