Corriere della Sera (Brescia)

LA RIPRESA CHE NON SI DICE

- Di Massimo Tedeschi mtedeschi5­8@gmail.com © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Gli imprendito­ri hanno imparato a essere prudenti e scaramanti­ci. Hanno ragione. Dall’inizio della Grande crisi del 2008 l’Italia ha perso un quarto della produzione industrial­e, ha accumulato sofferenze e incagli bancari superiori alla capitalizz­azione degli istituti di credito e aumentato di 500 miliardi il debito pubblico. Fatto salvo tutto ciò, a costo di rompere un tabù, va pur detto che i dati economici elaborati dall’Ufficio studi di Aib e presentati dal presidente Giuseppe Pasini emanano un profumo quasi irresistib­ile che sa di ripresa. La Grande crisi ha effettuato una feroce selezione delle aziende: -20,8% delle imprese manifattur­iere a Brescia (contro il -23% nazionale e il -31,5% lombardo). Intanto però l’export — vero terreno di sviluppo a fronte di un mercato interno stagnante — è arrivato oggi a Brescia a un +11% rispetto al periodo pre-crisi. È vero che Lombardia (+16%) e Italia (+22) hanno fatto meglio, ma è altrettant­o vero che Brescia nel secondo trimestre 2017 (+6,3%) ha superato i ritmi di crescita dell’export di Bergamo (+5,9%) e avvicinato quelli della dinamiciss­ima Vicenza (+6,9%). Le sofferenze bancarie delle imprese bresciane nel primo trimestre 2017 aumentano ancora (1%) ma assai meno rispetto a Lombardia (+2,4%) e Italia (+1,8%). Certo, nel decennio i crediti in sofferenza in provincia sono passati dai 0,9 miliardi del 2009 ai 4,6 miliardi attuali. Quanto allo scenario occupazion­ale, nel secondo trimestre 2017 le assunzioni nel settore industrial­e a Brescia (+11%) doppiano la crescita regionale (+5,7%). Il calo delle ore di Cig e della disoccupaz­ione nonché la sostanzial­e pace sociale completano un cielo contrastat­o ma tendente al bello. Insomma: la palestra della crisi ha innestato sulla solida ossatura economica bresciana una muscolatur­a da lottatore capace di misurarsi con la competizio­ne globale. Superammor­tamenti e costo del denaro al minimo hanno avuto i loro effetti. Il keynesiano Pasini ha chiesto con vigore un piano di investimen­ti pubblici per rilanciare il mercato interno. Ha ragione in termini generali ma non può ignorare che Brescia è stata beneficiat­a negli ultimi anni dalla trimurti Brebemi-TavMetropo­litana. Difficile attendersi molto di più. La vera gamba mancante della ripresa è quella edilizia. È il calcestruz­zo privato più di quello pubblico. Basta guardare l’orizzonte bresciano per accorgerse­ne: le gru sono una rarità. Quello che servirebbe è un intervento­choc, un piano per l’edilizia 4.0. Ma anche di quello, all’orizzonte, per ora non c’è traccia. E gli industrial­i farebbero bene a reclamarlo.

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