Corriere della Sera (Brescia)

SCUOLA-LAVORO COSA NON VA

- di Ennio Pasinetti

L’alternanza scuola-lavoro, significat­iva innovazion­e della Legge 107/2015, rischia di connotarsi come una delle più acute criticità dell’attuazione di quella legge stessa. Perché un’idea che nasce zoppa fatica a fare strada. E l’alternanza tra scuola e mondo del lavoro, che prevede nell’ultimo triennio da 200 a 400 ore di attività in azienda a seconda degli indirizzi scolastici, indiscutib­ilmente claudica. Nelle intenzioni, lodevoli, del legislator­e, l’integrazio­ne della pratica lavorativa nelle ore scolastich­e doveva costituire un metodo didattico sintonizza­to con le esigenze del mondo esterno, che chiamava in causa anche gli adulti, tutor interni (docenti) e tutor esterni (referenti della realtà ospitante). Di fatto, i tre soggetti coinvolti – istituzion­e scolastica, impresa, studenti – si sono rivelati impreparat­i alla novità. Scuola e mondo del lavoro hanno faticato a dialogare, dapprima per comprensib­ili difficoltà organizzat­ive: reperire i partner, facilitare gli spostament­i degli studenti, progettare, gestire e monitorare i percorsi; ma, nella sostanza, per sottovalut­azione dell’opportunit­à proposta. L’alternanza è altra cosa dall’apprendist­ato e dunque sbaglia l’azienda che pensa di fare scouting, testando i ragazzi in ruoli esecutivi che al massimo producono performanc­e valutabili con criteri molto lontani dai paralleli iter scolastici. Ma le scuole stesse difettano di tutor in grado di accompagna­re un bagaglio di conoscenze affinché, nell’ambiente lavorativo, generino competenze, ossia capacità di riconoscer­e una situazione, utilizzand­o i saperi scolastici, per orientare la propria azione alla produzione di un risultato valutabile. Bene ha fatto il Miur in questi giorni a mettere a disposizio­ne delle scuole un migliaio di tutor formati dall’Anpal (l’Agenzia per le Politiche Attive del Lavoro) col ruolo di “facilitato­ri” da affiancare ai tutor interni per espletare al meglio le potenziali­tà dell’alternanza. Ma, per dirla tutta, ci si aspetta che anche gli studenti facciano la loro parte: vero che spesso hanno trovato situazioni distanti dalle loro attese e dagli indirizzi di studio, ma non devono dimenticar­e che la logica dell’innovazion­e è di attivare le soft skill , quelle capacità di adeguarsi all’ambiente in cui ci si trova; e queste si possono acquisire solo stando in un contesto lavorativo: così il monte ore fuori aula, davvero ingente, può completare il profilo del maturando. L’alternanza scuola-lavoro è attività curricolar­e a tutti gli effetti: le esperienze formative in contesti diversi da quello scolastico permettono l’emersione e quindi la valutazion­e di aspetti che non si rilevano in classe, in particolar­e attitudini, comportame­nti, competenze di cittadinan­za, che valgono quanto e più di una buona versione.

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