Agabiti Rosei va in pensione
«La sanità è cambiata e anche la medicina è cambiata con lei»
Era stato uno fra i docenti che hanno aiutato l’università di Brescia a fare i primi passi verso l’autonomia ed è una delle figure più autorevoli nel campo delle medicina interna. Il prof. Enrico Agabiti Rosei ora va in pensione.
Dopo circa quarant’anni di lunga e prestigiosa carriera del professor Enrico Agabiti Rosei, 70 anni compiuti a febbraio, all’Ospedale Civile e presso l’università degli studi di Brescia. La serenità che il professor Agabiti Rosei riesce a trasmettere sin da subito a chi lo avvicina è una delle ragioni del suo grande successo di clinico medico che ha saputo coniugare in sé profonda umanità e alta professionalità alla costante ricerca della cura migliore per i propri pazienti, «basata sull’evidenza scientifica», precisa il direttore che alla ricerca crede fermamente e che ha al suo attivo oltre 800 lavori pubblicati sulle più esclusive riviste scientifiche internazionali. Agabiti, nel suo cursus honorum, vanta numerosi e prestigiosi incarichi nelle Istituzioni assistenziali e universitarie e nelle Società Scientifiche nazionali e internazionali. Il più recente, quello di Presidente della Società Europea dell’Ipertensione, ha dato lustro anche alla nostra Università e all’ Asst Spedali Civili di Brescia dove il prof. Agabiti ha ricoperto l’incarico di Direttore della Divisione di Medicina 2 (Clinica medica della Università di Brescia, attualmente con circa 100 posti letto) per 19 anni e di Direttore del Dipartimento di Medicina per 14 anni, dedicandosi alla cura di pazienti ricoverati per malattie internistiche, le più differenti. «La tipologia delle persone ricoverate nei reparti di Medicina Interna è cambiata nel corso degli ultimi anni — precisa il professore — una volta si ricoveravano persone affette da patologie più o meno gravi, che restavano in reparto per molti giorni; venivano visitate, si eseguivano gli esami del caso e, sempre in regime di ricovero, si iniziava la cura; venivano poi dimessi, senza fretta».
Altri tempi, altre politiche sanitarie. «Una Sanità che si rispetti deve adeguarsi ai tempi ed oggi non si può fare diversamente da quello che le nuove realtà, anche socio-economiche impongono agli Enti regolatori e poi alle Aziende sanitarie». Puntualizza Agabiti e ricorda che le giuste regole di appropriatezza fanno sì che siano principalmente i pazienti con malattie in fase acuta quelli che devono essere gestiti in regime di ricovero ospedaliero: «La Medicina oggi è il risultato dei cambiamenti economici, demografici, epidemiologici e dei progressi tecnologici. La medicina personalizzata consentirà interventi sempre più precisi, mirati ed efficaci e spero che i successi della tecnologia, la facilità delle comunicazioni, il lavoro di gruppo, non distolgano ma favoriscano il rapporto umano, la vicinanza, la comprensione e l’empatia verso la persona sofferente».
Agabiti Rosei aggiunge anche che per lui lavorare negli Spedali Civili, è stata una fortunata opportunità oltre che un grande onore e precisa «un grande ospedale così efficiente e completo, ha consentito sempre un’attività clinica di alto livello che, arricchita dalla ricerca scientifica universitaria, ha favorito la migliore formazione di un gran numero di nuovi e bravi medici». Il professore auspica comunque una più stretta e solida collaborazione tra le due Istituzioni, nell’ ambito di una convenzione tra le due più precisa ed equilibrata. Nessun sassolino da togliersi dalla scarpa? Evidentemente no! Agabiti precisa che dopo di lui non ci sarà il diluvio bensì una condivisione serena e competente della grande realtà che lui lascia in mano ai suoi collaboratori.
Progetti per il futuro? «Nessun particolare cambiamento confessa - continuerò a fare ricerca, seguirò i miei pazienti, visiterò meglio le città che sin ora ho spesso visto solo dall’ alto, mentre decollavo o atterravo con l’aereo e mi auguro, conclude sorridendo, di poter essere più vicino alla mia famiglia». Un mare di auguri stanno accompagnando il suo congedo, auguri all’ insegna della stessa serenità che lo ha condotto sin qui; con in più l’affetto, la riconoscenza e la stima di tutte le persone che da lui hanno ricevuto, insieme alle cure migliori, anche parole di conforto e speranza.