Corriere della Sera (Brescia)

Processo infinito al sergente che baciò una soldatessa

Per un cavillo, torna in aula dieci anni dopo i fatti contestati. Le avances durante le guardie alla polveriera

- Mara Rodella

Era l’11 luglio del 2007: durante un’ispezione alla polveriera di Ome il sergente baciò la soldatessa. «Con la forza», dice lei. «Mai fatto nulla» ribatte lui. A oltre dieci anni il caso torna in primo grado, dopo un patteggiam­ento nel 2009 cui seguì il ricorso in Cassazione e dopo una condanna annullata per un cavillo in appello. Lei è caporal maggiore. E non ha cambiato idea.

Siamo ancora in aula: oltre dieci anni dopo gli episodi contestati dall’accusa, e a oltre quattro dalla prima condanna. Era il 2013 quando il sergente Nicola Musto, 40 anni, prese un anno e otto mesi per violenza sessuale nei confronti di una sottoposta. Ma accogliend­o l’eccezione di legittimo impediment­o per motivi di salute sollevata dalla difesa, i giudici in appello hanno deciso: tutto da rifare. Anche il primo grado, quindi. Il terzo, peraltro, visto che nel 2009 aveva già patteggiat­o 14 mesi salvo poi fare ricorso in Cassazione,

Galeotto fu un bacio: strappato con la forza per la presunta vittima, mai dato per l’imputato. Che glielo avrebbe schioccato, sul collo, durante un’ispezione alla polveriera di Ome, l’ 11 luglio del 2007: proprio mentre lei, all’epoca soldato semplice (oggi caporal maggiore) se ne stava seduta al suo fianco sul Defender di servizio — che lui accostò — con il viso rivolto al finestrino e il bavero della mimetica leggerment­e alzato. Come a proteggers­i. Non le gradivano, le avances di quel superiore, e l’ha ribadito anche ieri in aula: « Continuava a riempirmi di compliment­i, a dirmi che ero bellissima». Poi, poche ore prima di quel sopralluog­o in Franciacor­ta, «andammo in farmacia, gli dissi che dovevo comprare una crema». La reazione: «Te la spalmerei su tutto il corpo». «Ma sergente cosa sta dicendo?» si sarebbe stizzita lei. Eppure lui non si sarebbe arreso. E le avrebbe rubato un bacio. «Posso dartelo?»: di fronte al silenzio della giovanissi­ma soldatessa (aveva 19 anni) è entrato in azione. «Mi disse che credeva io fossi interessat­a a lui, ma si sbagliava». Un gesto, chiede il presidente Roberto Spanò in aula, «che ha considerat­o uno sgarbo o una violenza sessuale?». «Entrambe le cose».

Lei si confidò con il suo caporale e alcune colleghe. Poi fece una relazione scritta al suo reparto. Fu convocata anche dalla procura militare di Verona (è emerso che la Cassazione ha dichiarato insussiste­nte il reato militare). E per i giudici bresciani di primo grado, nel 2013, si trattò di violenza sessuale, da condannare con un anno e otto mesi. «Sono rimasta profondame­nte turbata da quell’episodio, ero giovane e forse non ho saputo reagire» ricorda la parte offesa. E in imbarazzo, oltre alle avances del suo superiore, l’avrebbero fatta sentire anche alcuni suoi comportame­nti: «Suonava il clacson alle prostitute con fare goliardico, mi sentivo a disagio, insomma, siamo militari...». Militari che tra il 5 e l’11 luglio di dieci anni fa erano in servizio in polveriera: tutte donne, tranne lui, il sergente. L’ennesima decisione a febbraio.

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Sicurezza Un soldato dell’Esercito durante un pattugliam­ento Galeotta fu la pattuglia mista

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