QUEI GIUSTI DA RISCOPRIRE
Mai farsi trovare impreparati. Se, come pare, il Senato approverà la legge che stabilisce l’adesione dell’Italia alla giornata in memoria dei Giusti dell’umanità (prima firmataria Santerini, fra i proponenti i bresciani Lacquaniti e Sberna) una riflessione si imporrà. La giornata, che cade il 6 marzo, è stata istituita dal Parlamento europeo il 10 maggio 2012. Nella sua declinazione italiana la ricorrenza mira a «mantenere viva e rinnovare la memoria di quanti, in ogni tempo e in ogni luogo, hanno fatto del bene salvando vite umane, si sono battuti in favore dei diritti umani durante i genocidi e hanno difeso la dignità della persona rifiutando di piegarsi ai totalitarismi e alle discriminazioni tra esseri umani». Il termine «giusto» non è più circoscritto alla Shoah ma serve a ricordare quanti in ogni epoca, e in particolare di fronte a genocidi e totalitarismi, si sono prodigati per difendere la dignità umana. Un modo per richiamare elementi fondanti della nostra civiltà: il valore dell’individuo e della responsabilità personale. Brescia non parte da zero: grazie a Comune, Associazione Filosofi lungo l’Oglio, Casa della memoria e Gariwo (acronimo della onlus Gardens of Righteous Worldwide) un Giardino dei giusti esiste già a Brescia, nel parco Tarello, dal marzo del 2013. Un altro c’è dal marzo scorso a Montichiari, sul colle di San Pancrazio, uno dal marzo 2015 a Orzinuovi (Parco Alcide de Gasperi) e uno dal 2013 a Desenzano (presso il Parco del laghetto). L’adesione ormai prossima dell’Italia alla Giornata europea induce a ravvivare il ricordo di questi luoghi, non sempre celebrati, e ad aggiungere con una qualche periodicità nomi locali che hanno incarnato i valori della giornata. A Brescia già sono ricordati i coniugi Rizzini che salvarono — nascondendolo — ciò che restava della famiglia Dalla Volta dopo la deportazione del padre Guido e del figlio Alberto che diverrà eroe positivo di Se questo è un uomo di Primo Levi. A Montichiari è commemorata Enrica Lombardi, l’imprenditrice che salvò 41 bambini nel 1994 durante il genocidio ruandese. Chi si potrebbe aggiungere? Sicuramente Giovan Battista Montini che da sostituto della Segreteria di Stato, come dimostrato da un recente libro, favorì nel 1939 l’espatrio in Canada – e dunque la salvezza - del medico ebreo Giuseppe Graf, e sostenendo nel 1944 la realizzazione del film La porta del cielo diretto da Vittorio De Sica nella Roma occupata dai nazisti salvò ebrei e antifascisti che s’erano nascosti fra le 800 comparse.
O ancora mons. Angelo Pietrobelli, braccio operativo della carità del vescovo Tredici, che nascose e salvò antifascisti e fascisti. O, per uscire dal recinto religioso, il massone Tullio Bonizzardi, futuro fondatore della Croce Bianca, che nel 1855 interruppe gli studi di Medicina a Pavia per accorrere a Brescia e soccorrere i pazienti colpiti dal colera. Oppure Antonio Mani e Bartolomea Bertoli, che salvarono la bambina Lia Levi a Lavenone. I Giardini dei Giusti consentirebbero di scoprire, anno dopo anno, figure del nostro passato locale capaci di difendere la dignità umana e di farlo con gesti di responsabilità individuale. Una leggenda talmudica vuole che il mondo continui a esistere, e sia risparmiato dalla fondata collera divina, grazie all’esistenza di 36 giusti sconosciuti a se stessi e agli altri (lamedvavnikim, in ebraico). Da qualche parte devono esserci anche oggi, se il mondo nonostante tutto va avanti. Chissà dove sono. Certo è bello pensare, e ricordare, che esistono e sono esistiti.