Scalvini: Welfare un piano di sinistra
VERSO LE COMUNALI 2018 PARLANO GLI ASSESSORI
L’assessore al Welfare Felice Scalvini è pronto al bis per completare il piano di riordino dei servizi sociali, per portarli dentro a tutti i quartieri.
La sua rivoluzione, Brescia città del Noi, ha puntato a cambiare radicalmente il rapporto tra fasce deboli, che richiedono aiuto, e cooperative ed enti che erogano servizi. Una sfida vinta?
«Non esistono sfide vinte definitivamente in questo campo. Diciamo che abbiamo lavorato sodo nel segno della ricomposizione. Ricomposizione tra produttori di servizi sociali e cittadini da supportare. Spero che la prospettiva, il metodo e le iniziative che abbiamo proposto e organizzato ispirino anche il futuro: in questo modo sarà la città a vincere permanentemente la sfida della solidarietà».
La Loggia nel 2016 ha garantito 30,5 milioni al welfare. Il Comune, nonostante il “rosso”, ha preferito non tagliare sul sociale, come ha chiesto il centrodestra. Una cosa di sinistra….
«Questa è una cosa giusta: che l’abbia fatta questa giunta di sinistra è motivo d’orgoglio. Non si possono sistemare i bilanci a spese delle persone bisognose. Col sindaco e con l’assessore al bilancio c’è stato qualcosa di più della sintonia. Non se ne è nemmeno parlato. È sempre stato ovvio per tutti quale fosse la linea dall’Amministrazione. Anzi, su specifiche partite – per esempio i disabili a scuola, ma non solo – le risorse sono state aumentate, anche per compensare gli arretramenti di altri».
Lei rifugge dall’assistenzialismo tout court. A che punto è la riorganizzazione del settore, dei 5 uffici territoriali (nord, sud, est, ovest, centro) e dei 33 punti di Comunità, uno per quartiere?
«I 5 hub territoriali sono a regime. Ognuno vede la presenza di operatori al servizio del territorio di riferimento. I nostri funzionari dialogano con i consigli di quartiere. Per ogni quartiere si stanno individuando le assistenti sociali di riferimento. In questo modo risulterà valorizzato il loro ruolo e migliorata la risposta ai cittadini. Coi punti comunità a fine anno saremo a quota 16, con altri 4 all’inizio 2018. C’è bisogno di maturazione, senza fretta, per costruire realtà che durino nel tempo».
Nonostante l’ottimismo della risalita del Pil, crescono le famiglie che si avvicinano alla soglia di povertà. Nel 2016 sono state 1200. Una stima per il 2017?
«Se cresce il Pil ma non si ridistribuisce, se non per le fasce alte di reddito, il dato statistico della povertà tende a crescere. Un maggior numero di famiglie finisce sotto una soglia che si è alzata. Al 31 ottobre abbiamo erogato 1,302 milioni per un totale di 2525 contributi. Ma soprattutto, siamo pronti a gestire bene il Rei: le misure di attuazione del nuovo reddito di inclusione che partiranno a gennaio a livello nazionale».
Il numero degli anziani è in crescita. E servono risorse per assistenza. C’è anche l’ostico capitolo dei cronici: servirebbe una sinergia con le istituzioni sanitarie. Che propone?
«È decisivo assumere una visione dell’invecchiamento come fatto positivo: un’occasione di felicità. Come quella che provo per mia madre ultranovantenne e che mi manca per mio padre morto a sessant’anni. L’invecchiamento non è uno tsunami che ci sommergerà, ma una splendida occasione di espansione generalizzata della gioia di essere in vita. È questa visione che ci deve orientare nel valutare il da farsi. Per questo, riguardo ai servizi il programma che abbiamo avviato e che dovrà svilupparsi nei prossimi anni non sarà di aumentare i posti in Rsa, ma di fare in modo che i servizi domiciliari e intermedi - convivenze, buon vicinato, comunità- siano tanti, ben distribuiti, ben connessi e soprattutto offrano a tutti l’opportunità di conservare frammenti importanti della felicità di vivere. Se ce la faremo i posti in Rsa cui disponiamo risulteranno sufficienti».
Questione Tintoretto. Lei si è speso a sostegno del progetto di Investire: abbattere la torre per creare 270 appartamenti ad housing sociale. La Loggia farà un bando per capire se si può riqualificarla. Ma lei è stato netto su un punto: non possiamo tornare all’edilizia residenziale pubblica, la città ha già il 50% dell’offerta dell’intera provincia.
«Per come è congegnato l’Erp rappresenta oggi un modo della città di farsi carico dei bisogni della provincia. Adesso abbiamo bisogno di attrarre nuove famiglie di nuove generazioni, offrendo la possibilità di vivere in città anziché pendolare dall’hinterland: quello che avvenne coi villaggi Marcolini negli anni ‘50 e ‘60 e con San Polo negli anni ’80. Questa prospettiva si chiama Housing sociale. Credo che per la nostra città sia indispensabile e vincente». Il principale rimpianto? «Avrei voluto fare di più per le politiche giovanili. Siamo arrivati un po’ lunghi». Rifarebbe l’assessore? «Sono disponibile e interessato a completare il lavoro. Dipenderà dal sindaco e, ovviamente, dagli elettori. Confido che stiano percependo il salto di qualità che abbiamo compiuto e ci sostengano nel percorso intrapreso».
Il nodo Tintoretto Con l’housing sociale potremo attrarre nuove famiglie come nel ‘60 con i villaggi Marcolini