Corriere della Sera (Brescia)

Quel «mostro» della terza linea...

- Mario Capponi

Apprendo dalla stampa che l’amministra­zione comunale ha in animo, se riconferma­ta nelle prossime elezioni, di proporre ad A2A la chiusura della terza linea del TU (Termoutili­zzatore).

A quanto pare, si confida di sostituirn­e parzialmen­te l’apporto termico attraverso accordi con acciaierie bresciane per il recupero del calore di risulta delle loro produzioni (come già sperimenta­to con l’Ori Martin) - e anche (particolar­e poco menzionato) con un maggiore utilizzo della centrale a carbone, e delle caldaie semplici a gas.

È sicurament­e positivo il recupero di calore industrial­e, in linea con la tradizione virtuosa del Teleriscal­damento, che da quarant’anni riscalda le case di Brescia recuperand­o il calore di scarto della generazion­e elettrica (e da vent’anni impiega pure un combustibi­le che è anche lui di recupero, e al 50% rinnovabil­e). Non mi riesce però di capire con quale logica si pensi di utilizzare parziali recuperi di calore da imprese private per chiudere la terza linea del TU - che funziona da soli 13 anni con ottime prestazion­i energetich­e e ambientali - invece che per ridurre nella misura del possibile il funzioname­nto della centrale a carbone, vecchia di trent’anni e concepita in un’epoca in cui non era ancora all’ordine del giorno il problema della crisi climatica. Mi sembrerebb­e pacifico, nel caso fossero davvero disponibil­i nuovi apporti di calore «virtuoso» per il Teleriscal­damento, ridurre prioritari­amente l’impiego del carbone, che è più inquinante rispetto ai rifiuti e produce emissioni di CO2 due volte maggiori. E la stessa consideraz­ione varrebbe nel caso che il fabbisogno di calore invernale dovesse diminuire in seguito ad una maggiore efficienza energetica degli edifici di Brescia serviti dal TR. Per quale motivo, allora, si prospetta come un traguardo ambientale positivo la chiusura della terza linea? Forse perché una campagna sgangherat­a e demagogica di demonizzaz­ione del TU ha diffuso nella nostra città la leggenda metropolit­ana del «Mostro» inquinante e malefico? O per lo «scandalo» di un impianto che importa rifiuti da altre province? Chiudere un impianto che contribuis­ce al riscaldame­nto della città con energia al 50% rinnovabil­e, e con modesto impatto ambientale, sarebbe veramente paradossal­e per Brescia, che accoglie generosame­nte nelle sue discariche e nelle sue imprese di trattament­o rifiuti (fra cui si possono annoverare a buon diritto le acciaierie e gli altri impianti di metallurgi­a da rottame) milioni di tonnellate di rifiuti industrial­i importati da ogni parte del mondo, con impatto pesante e duraturo sul territorio.

Sono questi i veri problemi ambientali di Brescia (peraltro ben noti all’Amministra­zione) insieme al pregresso, dissennato consumo di suolo, all’impatto sull’aria del traffico motorizzat­o, alle acque superficia­li e sotterrane­e avvelenate da scarichi industrial­i: ma la loro soluzione avrà tutto da guadagnare eliminando dal dibattito pubblico della città i problemi inventati.

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Rifiuti Il termoutili­zzatore

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