Fonte Tavina 4.0 L’acqua minerale automatizzata
Un investimento di 28 milioni per rimodernare la fabbrica a Cunettone
Nella nuova fabbrica della Fonte Tavina, inaugurata a Cunettone, tutto il processo produttivo è automatizzato: dal magazzino alto 20 metri, in grado di stoccare 11 mila pallet, alle linee per la distribuzione dell’acqua e l’imbottigliamento. Si controlla tutto da tablet e computer: se qualcosa non funziona, il sistema segnala guasti e dove intervenire. È la fabbrica 4.0, con i sensori che guidano l’intero processo. La fabbrica supera i 200 milioni di bottiglie (80% in plastica), ma a regime l’impianto potrebbe raddoppiare la produzione.
C’è un orgoglio quasi calvinistico nelle parole di Armando Fontana, genero del fondatore della Tavina, Amos Tonoli: la «fiducia in Dio» e il successo finale dell’impresa che sembrava destinata a «un lento declino», se fosse rimasta in mezzo alle case del centro di Salò, in via San Francesco. Area di pregio, ma non adatta allo sviluppo di un’azienda che imbottigliava acqua minerale e che aveva bisogno di ampliarsi. Per poi dotarsi di nuove tecnologie.
Nella nuova fabbrica, inaugurata a Cunettone, tutto il processo produttivo è automatizzato: dal magazzino alto 20 metri, in grado di stoccare 11 mila pallet, alle linee per la distribuzione dell’acqua e l’imbottigliamento. Si controlla tutto da tablet e computer: se qualcosa non funziona, il sistema segnala guasti e punti dove intervenire. È la fabbrica 4.0, con i sensori che guidano l’intero processo e scartano le bottiglie con il minimo difetto. Servono agilità e grandi numeri, per rimanere sul mercato delle acque minerali: oggi la fabbrica supera i 200 milioni di bottiglie (80% in plastica), ma a regime l’impianto potrebbe raddoppiare la produzione. «I macchinari innovativi consentono di risparmiare dal 20 al 30% di energia» spiega Stefano Fontana, direttore generale della Tavina.
Lo stabilimento, aperto a ridosso della provinciale 572, è frutto di un iter burocratico durato dieci anni. Quando i Fontana, nel 2006, decidono di «ricomprare» la Tavina (entrata prima, senza successo, nell’orbita dell’Hopa di Emilio Gnutti), parte la richiesta di spostare la fabbrica. Iniziano i problemi. L’iter di autorizzazione è lungo, i comitati locali si oppongono a nuove edificazioni, c’è chi avanza dubbi di speculazione nell’area del vecchio stabilimento. La proprietà non demorde. E pensare che nel 2014 il piano attuativo non era ancora stato adottato.
C’è voluto il terzo mandato del sindaco Giampiero Cipani per aprire i battenti della nuova Tavina: «Inaugurare una fabbrica oggi è un evento straordinario» ha detto il primo cittadino elogiando Fontana. «Gli imprenditori a volte sono soli, ma combattono ogni giorno per la propria impresa», le parole di Giuseppe Pasini. Per il presidente degli industriali, l’inaugurazione della nuova Tavina è «una vittoria contro la burocrazia». Ora non resta che crescere: con 30 milioni di fatturato, la sfida è ridurre anche il debito. A dare una mano sarà soprattutto l’export, in netta ascesa per l’azienda di Salò.