Anas, sparito in Siria da anni «Sia processato per terrorismo»
Di lui non si sa più nulla da oltre tre anni. E persino Washington ha inserito il suo nome nell’elenco dei cinquanta foreign fighter al fronte: Anas El Abboubi, marocchino, 25 anni, una casa a Vestone per anni. Sparito nell’inferno siriano nel settembre del 2013 dopo l’arresto della Digos e la scarcerazione del Riesame.
In tribunale è iniziata l’udienza preliminare per addestramento con fini terroristici: il pm lo vuole a giudizio. Stessa accusa anche per il suo amico Hassan Radi. Entrambi rispondono anche di aver costituito in rete un gruppo che incitava alla discriminazione. Hassan ha chiesto il rito abbreviato, Anas, invece, risulta semplicemente latitante.
Nessuna notizia da oltre tre anni. Ma nel settembre del 2016 il suo nome finì addirittura nella lista nera dei terroristi internazionali stilata dal Dipartimento di Stato americano. Anas El Abboubi: nato a Marrakech 25 anni fa, una casa a Vobarno con i genitori e il fratello, sin da piccolo, la passione per il rap. E per il Califfato. Arrestato dalla Digos il 12 giugno del 2013 dopo la scarcerazione del Riesame tre mesi dopo partì per la Siria tra le fila dello Stato Islamico. Nome di battaglia: «Abu Rawaha al Italy».
E mentre Washington lo ha inserito tra i cinquanta foreign fighters italiani che combattono al fronte siriano («pone significativi rischi di commettere atti terroristici»), in tribunale è iniziata l’udienza preliminare a suo carico davanti al gip Lorenzo Benini. «Dichiarato latitante», si legge nella richiesta di rinvio a giudizio firmata dal procuratore aggiunto Carlo Nocerino. Coimputato (e presente in aula) anche l’amico Hassan Radi , marocchino come Anas e di casa a Nozza di Vestone. Entrambi rispondono di addestramento con finalità terroristiche, perché «si addestravano alla preparazione e all’uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco, di armi e sostanze chimiche, nonché di tecniche e metodi idonei al compimento di atti di violenza, con finalità di terrorismo». Ma Anas e Hassan sono accusati anche di «aver promosso e costituito sulla Rete internet un gruppo che tra i propri scopi aveva l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etici e religiosi (dal settembre del 2012)».
Tutto rinviato al prossimo 3 aprile, quando il giudice si pronuncerà sia sull’eventuale rinvio a giudizio che sulla richiesta di un processo con rito abbreviato depositata dal difensore di Hassan, l’avvocato Gloria Fico. I legali di Anas — Nicola Mannatrizio e Giovanni Brunelli — chiederanno invece il «non luogo a procedere». Seguendo due binari. Per morte del reo: «In questi mesi cercheremo di prendere contatti con l’ambasciata siriana per capire se esistano documenti o notizie ufficiali che confermino e certifichino la morte di Anas». Oppure «perché il fatto non sussiste» come hanno sempre sostenuto in aula, ricordando le sentenze del Riesame prima e della Cassazione poi che non riconobbero la sussistenza della gravità indiziaria nei confronti di Anas. Forti, peraltro, che «la modifica normativa e peggiorativa all’articolo 270 comma 5sull’autoaddestramento è subentrata dopo l’inchiesta».
Nel frattempo, va detto, sono emersi elementi «nuovi» sull’effettiva permanenza di Anas in Siria. Nel luglio del 2014 l’ultimo contatto con i suoi presunti reclutatori albanesi (Alban ed Elvis Elezi), sei mesi dopo l’ultima chiamata a casa ai genitori: «Tornare? — disse al padre — Vuoi che mi diano dieci anni di prigione? Ma lo sai dove sono? Mica stiamo scherzando qui».
Ed è proprio il padre, oggi, a non credere il figlio (più sentito) sia ancora vivo: «È morto, ma non lo perdono per ciò che ha fatto». Dai documenti dell’Isis risulta che Anas si registrò nel settembre del 2013 come «studente» ad Aleppo. E nel 2015 «l’italiano» (come lo chiamavano al fronte) fu nuovamente indagato per arruolamento con finalità terroristiche.