CATTOLICI, TRA PD E FUTURO POLITICO
Sembra un caso da manuale di sociologia politica: il perfetto suicidio di un partito e di una area politica. Non tanto per difficoltà esterne, ma per una guerra civile intestina. Parliamo del Partito Democratico e della sinistra in generale. Prima la scissione da parte di buona parte degli ex comunisti, ora, con la nuova sconfitta del segretario Renzi — dopo quelle del referendum costituzionale e la perdita di Roma, Torino, Liguria — l’arrivo al capolinea di un gruppo dirigente che tra il 2014 e il 2017 ha conquistato il partito e l’ha portato alla condizione presente. Verrebbe da dire: altri partiti sono morti in Italia nell’ultimo ventennio. Quel che colpisce nel declino di questo partito è il rischio che a restare coinvolto sia anche il cattolicesimo democratico, che tanta parte — con la figura di Prodi — ha avuto nella genesi del Pd. Una corrente culturale, con l’uscita di scena dell’ultimo governo Prodi, di fatto marginalizzata da una parte dagli ex comunisti (irretiti nella nostalgia del tempo che fu e nella coazione scissionista), dall’altra da un gruppo di potere fiorentino che con abile marketing politico si è impossessato del partito. L’esito è stato che le parole chiave della tradizione cattolico-democratica — mediazione, senso del limite, ricerca del compromesso — non solo sono state emarginate, ma di fatto sono uscite di scena dalla discussione pubblica. Il risultato ha del paradossale: proprio quando, tra crisi economica e avanzare dei populismi, erano necessarie quelle parole, non si è trovato sul mercato politico nessun leader che le sapesse incarnare. Un suicidio partitico, e di area, che sta a dimostrare come senza una cultura politica robusta — con alle spalle più tradizioni affini, ad es. cattolicopersonalista e socialdemocratica — un polo riformista non possa esistere. Se i partiti di destra o populisti hanno la loro ragion d’essere nell’assecondare gli spiriti naturali dell’elettorato, un partito riformista, dovendo contrastare quelli spiriti per affermare ideali di giustizia sociale e uguaglianza, abbisogna di un più di cultura e di carisma per affermarsi. Certo, la tradizione cattolico-democratica persiste, ma in istituzioni e circoli della vita civile e culturale che non hanno una rappresentanza politica nazionale. All’orizzonte c’è un futuro della democrazia italiana ove questa tradizione avrà al più rappresentanza locale. Brescia continuerà ad essere una di queste?