Indennità fasulle truffa all’Inps: a processo in 17
Il professionista condannato in abbreviato a 6 anni, in 22 hanno patteggiato
Sei anni al commercialista del gruppo, ventidue patteggiamenti e processo per 17 imputati, tra cui il ragioniere che aveva ammesso di conoscere il sistema e di usare «l’Inps come un bancomat».
«Per uno come me che conosce il sistema l’Inps era come un bancomat».
Non aveva avuto remore il ragioniere Maurizio Durici quando era finito nei guai ed era stato interrogato dal giudice per rispondere delle accuse di truffa ai danni dell’Istituto di previdenza, oltre che di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina che gli venivano mosse dalla procura di Brescia. Con il giudice aveva ammesso alcune responsabilità e alcuni comportamenti. Ieri, il ragioniere è finito nuovamente davanti al magistrato, al gup, per l’udienza preliminare. Perché per quelle truffe continuate all’Istituto presieduto da Boeri, il pm Ambrogio Cassiani ha chiesto il rinvio a giudizio. La richiesta è stata accolta dal gup Carlo Bianil chetti: 17 gli indagati che saranno processati, mentre un contabile, Vittorio Finazzi, a cui è stato contestata anche l’associazione a delinquere, è stato condannato ieri in abbreviato a sei anni. Molti inda- gati hanno chiesto e ottenuto il patteggiamento: in 22 hanno patteggiato condanne che variano tra i sei mesi e i due anni e otto mesi.
La vicenda era esplosa a maggio dell’anno scorso. Le indagini avevano messo in evidenza una maxi truffa da 300 mila euro. In sostanza, come sostenuto dall’accusa nei confronti degli imputati, il ragioniere si occupava, «dietro compenso, di redigere le buste paga false, oltre ai falsi contratti di lavoro per consentire ai clienti di ottenere fraudolentemente dall’Inps emolumenti vari tra i quali quelli relativi allo stato di disoccupazione successiva alle false assunzioni e assegni di maternità».
Per mettere a punto la truffa, sempre secondo la procura, ragioniere si era affidato a soggetti che accettavano il ruolo di teste di legno, rappresentanti di società create appositamente per realizzare il piano truffaldino. Le finte società assumevano gli stranieri che poi percepivano le indennità di disoccupazione e gli assegni per i figli, anche se in realtà non c’era alcun rapporto lavorativo. Di false indennità il pm ne ha contate 47. Tutti, secondo la procura, sapevano che le pratiche erano false e che il modo organizzato per percepire le indennità non era legale. Il ragioniere per ogni pratica intascava una trentina di euro, mentre tratteneva una percentuale per ogni indennità che andava a buon fine. Ora a presentare il conto è la giustizia. (w.p.)