Dunant, il lato bresciano della Croce Rossa
Un libro di Corsini e Cipolla collega la genesi della Croce Rossa alle opere del cattolicesimo sociale Dunant dopo la battaglia di Solferino ammirò il modello dei soccorsi locali
Nell’Italia preunitaria sono sempre stati presenti, in forme e modalità diverse dovute alla particolare geografia storica del paese, radicati livelli di associazionismo, di solidarietà e di cooperazione collettivi che si esprimevano in istituzioni pubbliche e private. L’abbondanza della bibliografia sui Monti di Pietà, sulle istituzioni caritativo-assistenziali, sulle società di mutuo soccorso, sulle casse rurali e sulle banche popolari, solo per fare qualche esempio, offre la cifra identificativa dei caratteri originari della nostra storia.
Nelle aree centro-settentrionali questa presenza si è fatta, negli ultimi due secoli, sempre più evidente e l’articolato volume curato da Costantino Cipolla e Paolo Corsini — La genesi della Croce Rossa sul modello del cattolicesimo sociale bresciano, edito da Franco Angeli — analizza molte strutture di questa peculiare caratteristica alla luce di quanto avvenne nel tormentato giugno del 1859 che ebbe il suo culmine nella battaglia di Solferino e San Martino.
La nascita della Croce Rossa, voluta dal ginevrino Jean Henry Dunant, deve molto al grande sforzo solidaristico e assistenziale offerto dal territorio bresciano sia prima che dopo la sanguinosa battaglia. Le oltre 600 pagine del volume sono una preziosa analisi delle molte componenti che entrarono in gioco. Le esigenze di spazio rendono impossibile un’analisi particolareggiata dei 17 saggi che sono però adeguatamente sintetizzati nell’ultimo intervento di Costantino Cipolla, Paolo Corsini e Alessandro Fabbri.
Il filo conduttore di tutta la ricerca è condensato nell’analisi dell’immagine di copertina. La stazione ferroviaria di Brescia, con in primo piano i carri che trasportano feriti austriaci, riassume, nelle parole di Costantino Cipolla e Giancarlo Ganzerla, tre culture: quella tecnologica francese cannoni rigati; quella asburgica rappresentata dai feriti e quella piemontese-italiana con le sue capacità di assistenza e di cura dovute ad una cultura sanitaria avanzata, oggetto di uno specifico intervento.
Tutti i saggi del volume ruotano attorno agli avvenimenti della giornata del 24 giugno che formano la cornice del quadro pur senza essere specificamente oggetto di indagine. La tela e i colori si materializzano nelle analisi, acute ed esaurienti, della risposta del territorio. Di fronte agli orrori ed alle conseguenze sociali ed economiche del conflitto, la società bresciana non si fa trovare impreparata. I contributi del volume, ricco di suggestioni, offrono la dimensione del radicamento e della coesione sociale della popolazione e delle istituzioni le cui articolazioni, con la Congrega della Carità in testa, mettono a di- sposizione strutture di soccorso e risorse economiche di non poco conto. L’assistenza ospedaliera, medica e chirurgica si avvale non solo degli ospedali esistenti, grandi o piccoli che siano tanto in città che nella provincia — Lonato è un caso esemplare — ma viene completata dalla disponibilità di dimore private che trasforma l’intera città in un « immenso ospedale» grazie alla mobilitazione di persone di ogni ceto che svolgono una preziosa opera di supplenza.
Allo stesso modo si muove la scienza medica che si avvale del sostegno di medici e chidei rurghi impegnati nella ricerca di cure e di interventi che si può dire siano all’avanguardia in questo settore. Una grande sforzo collettivo che la stampa, italiana e straniera, non manca di rimarcare.
A fronte di questa generale partecipazione Dunant non rimane insensibile. Anzi, ne vede le radici di un modello di una nuova organizzazione destinata a trasformarsi, in sede più ampia, nella futura Croce Rossa. Il pregio del volume consiste proprio nella puntuale analisi del radicamento del cattolicesimo sociale bresciano, presente anche in altre aree contermini, testimonianza di una popolazione non certamente ricca nelle sue componenti maggioritarie ma dove anche i ceti meno abbienti sentono il bisogno, e il dovere, di offrire la loro opera a sostegno dei più deboli. Sono protagonisti in po’ tutti: professionisti, operai, contadini, sacerdoti, istituzioni religiose come le Ancelle della Carità e la stessa Chiesa.
Un aiuto dettato da valori innati, insostituibili nell’opera di assistenza tanto in momenti particolarmente bisognosi come una guerra, quanto nella quotidianità della vita. Una tradizione che si è mantenuta sino ai giorni nostri, a riprova della necessità di non abbandonare la lezione che la nostra storia ci ha tramandata.
Immenso ospedale L’assistenza ospedaliera fu integrata da quella spontanea dei privati Interclassismo Si mobilitarono operai, contadini, sacerdoti e professionisti, uniti dai valori cristiani