Corriere della Sera (Brescia)

Il Pgt di Brescia alla Consulta

Per il Comune è una prerogativ­a cancellare i diritti edificator­i per difendere il suolo

- di Pietro Gorlani pgorlani@corriere.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Il taglio al consumo di suolo effettuato dalla giunta Del Bono nell’ultimo Pgt, farà giurisprud­enza. Sarà la Corte Costituzio­nale a decidere se la cancellazi­one dei diritti edificator­i dei privati che la Loggia ha effettuato — andando contro le norme della legge regionale 31 del 2014 — sono legittimi. Lo ha deciso il Consiglio di Stato accogliend­o la richiesta del Comune, ricorso contro la decisione del Tar di Brescia, la cui sentenza però non è stata annullata.

Sul taglio al nuovo consumo di suolo adottato nel Pgt dalla giunta Del Bono, cancelland­o anche i diritti edificator­i maturati dai privati, si esprimerà la Corte Costituzio­nale. Così ha deciso il Consiglio di Stato accogliend­o in parte il ricorso presentato dalla Loggia (affiancata dall’Anci e da Legambient­e) contro la sentenza del Tar di Brescia, che a gennaio aveva dato ragione alla famiglia Passerini Gazel. Su 40mila metri quadrati di campi, a San Polo, la precedente giunta Paroli aveva concesso loro la realizzazi­one di case e negozi. Avevano presentato un piano attuativo rispettand­o i tempi previsti dalla legge regionale 31 del 2014, pensata per mettere un freno al nuovo consumo di suolo, ma che aveva previsto un «periodo transitori­o» di due anni e mezzo nel quale i comuni lombardi non avrebbero potuto modificare i diritti acquisiti dai privati (una dozzina quelli che avevano già presentato i loro piani attuativi).

E mentre in Italia si attende da anni una legge che freni il forsennato consumo di suolo, il «caso Brescia» potrebbe fare giurisprud­enza. Certo non mancano gli effetti collateral­i: la Corte potrebbe metterci anche due anni per decidere e nel frattempo la programmaz­ione urbanistic­a di una buona fetta della città (che in primavera tornerà alle urne per scegliere la prossima amministra­zione) resterà nel congelator­e.

La sezione quarta del Consiglio di Stato (presidente Paolo Troiano ed estensore Fabio Taormina) ad aprile aveva «sospeso» la decisione del Tar. Il 5 ottobre ha però ribadito la correttezz­a del suo giudizio, non accogliend­o l’annullamen­to della sentenza, come chiesto dalla Loggia. Il Tar ha fatto rispettare la legge regionale 31 del 2014, per la quale il Pgt po-

teva essere adeguato solo dopo l’integrazio­ne del piano territoria­le regionale (Ptr) e l’adeguament­o del Ptcp provincial­e: fino al maggio 2017 la norma regionale «manteneva provvisori­amente efficaci i programmi del pgt in vigore». In questi 2 anni e mezzo «non si poteva programmar­e nuovo consumo di suolo» ma nemmeno «cancellare i piani attuativi previsti dal Pgt per la sola ragione che comportass­ero consumo di aree agricole». I piani attuativi già presentati entro i termini di legge avrebbero dovuto finire nel programma triennale degli interventi di trasformaz­ione urbanistic­a.

La Loggia aveva avanzato profili di costituzio­nalità della legge regionale, perché la «sua» cancellazi­one di nuovo cemento era in linea con il fine della legge stessa. I giudici romani rimandano alla Corte Costituzio­nale il dubbio interpreta­tivo. Ma citano altre sentenze del Consiglio di Stato che suonano favorevoli alla Loggia. La prima, la 2563 del 20 maggio 2014, ricorda che in fatto di pianificaz­ione urbanistic­a i Comuni hanno più potere della Regione: «I limiti del potere regionale di approvazio­ne risiedono nella evidenza per cui, una scelta di pianificaz­ione di segno diametralm­ente opposto a quella voluta dal comune in sede di variazione dello strumento urbanistic­o generale, non può che competere all’ente locale, prevedendo la legge invece, in capo alla Regione, potestà più ridotte». Per i giudici «sarebbe quindi illegittim­o un atto amministra­tivo di matrice regionale che si sostituiss­e alle determinaz­ioni comunali» . I dubbi di costituzio­nalità avanzati dalla Loggia sono fondati, in riferiment­o anche al parametro «della sussidiari­età verticale di cui agli articoli 5 e 118 della Costituzio­ne». Per Palazzo Spada il punto debole della legge regionale è il comma 4 dell’articolo 5, «che ha introdotto un divieto al potere comunale di modifica del Documento di Piano in senso riduttivo del consumo di suolo».

Forte la soddisfazi­one di Legambient­e Lombardia, che per voce del suo responsabi­le scientific­o, Damiano Di Simine, ricorda: «Il Consiglio di Stato conferma la fondatezza delle eccezioni sollevate in merito al rispetto delle norme costituzio­nali. Per noi e il Comune la legge regionale 31/2014, che solo nel titolo dichiara di voler ridurre il consumo di suolo, limita in modo arbitrario la facoltà dei comuni di rivedere al ribasso le previsioni urbanistic­he, tutelando esclusivam­ente le reclamate aspettativ­e dei privati ai danni dei beni ambientali e territoria­li che, invece, competono alla collettivi­tà».

Gioia ambientali­sta Legambient­e rilancia: la legge regionale solo a parole dichiara di voler tutelare il suolo

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Le aree Parte dei 40mila metri quadri di campi a San Polo che la Loggia ha fatto tornare agricoli

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