Il Pgt di Brescia alla Consulta
Per il Comune è una prerogativa cancellare i diritti edificatori per difendere il suolo
Il taglio al consumo di suolo effettuato dalla giunta Del Bono nell’ultimo Pgt, farà giurisprudenza. Sarà la Corte Costituzionale a decidere se la cancellazione dei diritti edificatori dei privati che la Loggia ha effettuato — andando contro le norme della legge regionale 31 del 2014 — sono legittimi. Lo ha deciso il Consiglio di Stato accogliendo la richiesta del Comune, ricorso contro la decisione del Tar di Brescia, la cui sentenza però non è stata annullata.
Sul taglio al nuovo consumo di suolo adottato nel Pgt dalla giunta Del Bono, cancellando anche i diritti edificatori maturati dai privati, si esprimerà la Corte Costituzionale. Così ha deciso il Consiglio di Stato accogliendo in parte il ricorso presentato dalla Loggia (affiancata dall’Anci e da Legambiente) contro la sentenza del Tar di Brescia, che a gennaio aveva dato ragione alla famiglia Passerini Gazel. Su 40mila metri quadrati di campi, a San Polo, la precedente giunta Paroli aveva concesso loro la realizzazione di case e negozi. Avevano presentato un piano attuativo rispettando i tempi previsti dalla legge regionale 31 del 2014, pensata per mettere un freno al nuovo consumo di suolo, ma che aveva previsto un «periodo transitorio» di due anni e mezzo nel quale i comuni lombardi non avrebbero potuto modificare i diritti acquisiti dai privati (una dozzina quelli che avevano già presentato i loro piani attuativi).
E mentre in Italia si attende da anni una legge che freni il forsennato consumo di suolo, il «caso Brescia» potrebbe fare giurisprudenza. Certo non mancano gli effetti collaterali: la Corte potrebbe metterci anche due anni per decidere e nel frattempo la programmazione urbanistica di una buona fetta della città (che in primavera tornerà alle urne per scegliere la prossima amministrazione) resterà nel congelatore.
La sezione quarta del Consiglio di Stato (presidente Paolo Troiano ed estensore Fabio Taormina) ad aprile aveva «sospeso» la decisione del Tar. Il 5 ottobre ha però ribadito la correttezza del suo giudizio, non accogliendo l’annullamento della sentenza, come chiesto dalla Loggia. Il Tar ha fatto rispettare la legge regionale 31 del 2014, per la quale il Pgt po-
teva essere adeguato solo dopo l’integrazione del piano territoriale regionale (Ptr) e l’adeguamento del Ptcp provinciale: fino al maggio 2017 la norma regionale «manteneva provvisoriamente efficaci i programmi del pgt in vigore». In questi 2 anni e mezzo «non si poteva programmare nuovo consumo di suolo» ma nemmeno «cancellare i piani attuativi previsti dal Pgt per la sola ragione che comportassero consumo di aree agricole». I piani attuativi già presentati entro i termini di legge avrebbero dovuto finire nel programma triennale degli interventi di trasformazione urbanistica.
La Loggia aveva avanzato profili di costituzionalità della legge regionale, perché la «sua» cancellazione di nuovo cemento era in linea con il fine della legge stessa. I giudici romani rimandano alla Corte Costituzionale il dubbio interpretativo. Ma citano altre sentenze del Consiglio di Stato che suonano favorevoli alla Loggia. La prima, la 2563 del 20 maggio 2014, ricorda che in fatto di pianificazione urbanistica i Comuni hanno più potere della Regione: «I limiti del potere regionale di approvazione risiedono nella evidenza per cui, una scelta di pianificazione di segno diametralmente opposto a quella voluta dal comune in sede di variazione dello strumento urbanistico generale, non può che competere all’ente locale, prevedendo la legge invece, in capo alla Regione, potestà più ridotte». Per i giudici «sarebbe quindi illegittimo un atto amministrativo di matrice regionale che si sostituisse alle determinazioni comunali» . I dubbi di costituzionalità avanzati dalla Loggia sono fondati, in riferimento anche al parametro «della sussidiarietà verticale di cui agli articoli 5 e 118 della Costituzione». Per Palazzo Spada il punto debole della legge regionale è il comma 4 dell’articolo 5, «che ha introdotto un divieto al potere comunale di modifica del Documento di Piano in senso riduttivo del consumo di suolo».
Forte la soddisfazione di Legambiente Lombardia, che per voce del suo responsabile scientifico, Damiano Di Simine, ricorda: «Il Consiglio di Stato conferma la fondatezza delle eccezioni sollevate in merito al rispetto delle norme costituzionali. Per noi e il Comune la legge regionale 31/2014, che solo nel titolo dichiara di voler ridurre il consumo di suolo, limita in modo arbitrario la facoltà dei comuni di rivedere al ribasso le previsioni urbanistiche, tutelando esclusivamente le reclamate aspettative dei privati ai danni dei beni ambientali e territoriali che, invece, competono alla collettività».
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