Pasini: un danno per l’economia
«Per spostare i rifiuti altrove, extra-costi che incidono sulla competitività»
Il «fattore di pressione» applicato alle discariche è dannoso per il tessuto economico secondo Giuseppe Pasini, presidente Aib.
Il mondo industriale bresciano non è contro il fattore di pressione introdotto dalla Regione, né contro i principi di tutela dell’ambiente e della salute, ma è convinto che nel lungo periodo un principio come questo finirà per incidere pesantemente sull’economia del sistema produttivo e, di conseguenza, sulla sua competitività.
Presidente Giuseppe Pasini, perché l’associazione industriale bresciana ha deciso di prendere questa decisione, parsa a molti impopolare?
«Perché secondo questo principio e così stando le cose abbiamo ipotizzato che nel giro di uno, due anni le discariche presenti attualmente in Regione saranno riempite e bisognerà rivolgersi altrove. Non basta introdurre il fattore di pressione, bisogna costruire delle alternative credibili perché le aziende non producono rifiuti per diletto, ma perché fanno delle produzioni in cui parte degli scarti non sono riutilizzabili, nemmeno applicando le tecnologie esistenti. Non possiamo addossare alle imprese dei costi suppletivi per portare i rifiuti della Lombardia e in particolare di Brescia, in altre regioni o all’estero. Ho letto dichiarazioni di politici — ad esempio di Fabio Rolfi (ha parlato di occasione persa dalle aziende per dimostrare la loro vocazione ecosostenibile, ndr) — che farebbero bene a leggersi il ricorso nel quale si spiega che noi non siamo contro il principio introdotto dalla Regione o contro la salute dei cittadini. Se ci impongono delle cose, però, devono anche parlare con le imprese, capire quali sono le loro esigenze. Perché se ci sono dei rifiuti non si può far finta che il problema non esista, che fra un anno o due le aziende non dovranno sobbarcarsi ulteriori costi per delocalizzare le loro scorie di produzione. Non sono a favore delle discariche, ma a favore del tessuto industriale bresciano che non può sobbarcarsi costi extra che minino la sua competitività».
Qualcuno sostiene che una soluzione a questa situazione c’è e si chiama riciclo.
«Detto che ci sono residui di lavorazione che non sono al momento tecnologicamente riciclabili, Brescia e la Lombardia è al centro di una situazione paradossale legata alle scorie nere di acciaieria. Sa quante il nostro territorio ne ha mandato in discarica lo scorso anno?» No, dica. «Seicentomila tonnellate. Allora, qui è colpa degli imprenditori che producono rifiuti o di chi fa regole che non permettono, per dei cavilli burocratici, a quel materiale di essere riutilizzato per le massicciate stradali?»
Storia vecchia quella del riutilizzo delle scorie...
«Ne parliamo da anni e i politici piuttosto di fare del populismo sul tema dei rifiuti farebbero meglio a documentarsi e ad affrontare il problema. Le nostre aziende non fanno populismo, lavorano e devono cercare di stare sul mercato. Le scorie di fonderia vengono riutilizzate in Francia e Germania e con quel semiprodotto in Veneto ci hanno fatto il passante di Mestre. A Brescia e in Lombardia non si può. Parliamo di fattore di pressione e portiamo ancora in discarica 600mila tonnellate di materiale che potrebbe essere riutilizzato: non è un controsenso? E non è tutto in tema di riciclo». Ci spieghi. «Spesso ci si riempie la bocca di termini come “riciclo”, ma nessuno sa quanto dura l’iter per fare questa operazione. Per farsi autorizzare una piattaforma per il riciclo di materiale servono dai cinque ai dieci anni, ammesso poi che arrivino tutte i permessi necessari da comuni e province. Intanto cosa facciamo? Se parliamo di riutilizzo degli scarti come percorso per evitare le discariche allora anche gli enti locali devono essere chiari nei loro orientamenti. Un’impresa non può
aspettare così tanto tempo».
Il tema del trattamento dei rifiuti industriali, quindi è un tema complesso da affrontare sotto tutti gli aspetti.
«Sì, ed è per questo che abbiamo più di un motivo per dire no al fattore di pressione. Ripeto: noi non siamo a favore delle discariche, ma non vogliamo aggravare di nuovi costi le imprese, soprattutto su quelle piccole e medie».
Non sarete a favore delle discariche, ma giusto per precisare il vostro ruolo, rappresentate anche chi con le cave prima e le discariche poi sta facendo businness.
«Non c’è nulla di male, rappresentiamo il tessuto industriale di un territorio in cui ci sono anche imprese che possiedono discariche e trattano i rifiuti e che lo fanno, fino a prova contraria, rispettando le regole e in piena legalità».
Quindi gli industriali con questo ricorso non scelgono la soluzione più comoda (la discarica) rispetto ad alternative più complesse (il riciclo)?
«Potessimo riutilizzare quelle 600 mila tonnellate di scorie che ci costringono a mettere in discarica lo faremmo volentieri. Il conferimento ha dei costi anche per le aziende e spesso questa è una soluzione obbligata, senza alternative. La tutela dell’ambiente resta una nostra priorità, era nel mio programma elettorale e non ho intenzione di venir meno ai miei impegni».
Fateci riutilizzare le 600mila tonnellate di scorie finite in discarica