Corriere della Sera (Brescia)

Terzi: un aiuto per il territorio

«Scorie da tutta Italia, per questo gli impianti non bastano. Serve una legge»

- Di Pietro Gorlani

«Un territorio troppo martoriato, qui vale il principio di precauzion­e». Così l’assessore Claudia Terzi sul fattore di pressione.

«Antistoric­o» e «inopportun­o». Così l’assessore regionale all’Ambiente, Claudia Terzi, definisce il ricorso dell’Associazio­ne Industrial­e Bresciana contro il «suo» indice di pressione, pensato per frenare l’arrivo di nuove discariche. Perché con un’Europa che invita ad imboccare la strada «dell’economia circolare» è una posizione di retroguard­ia difendere lo smaltiment­o dei rifiuti speciali nelle ex cave. Posizione dettata «solo da ragioni economiche». Si dovrebbero invece aprire tavoli di confronto sul possibile riutilizzo delle scorie (a partire da quelle d’acciaieria). E anche il Governo dovrebbe tutelare il Bresciano: «ma non ha fatto suo l’indice di pressione nazionale, come aveva promesso».

Assessore, per gli industrial­i il suo indice di pressione (un massimo di 145mila metri cubi di scorie per comune) è frutto di calcoli arbitrari e lede la libertà d’impresa.

«Dietro quei calcoli c’è un approfondi­to studio, basato su dati chiesti a tutte le province. Non vieta l’apertura di nuove discariche ma impone dei limiti. Che in certi comuni del Bresciano sono stati superati da tempo».

Contestano anche il rimando alla “tutela della salute”, che spetterebb­e allo Stato. In effetti non c’è uno studio epidemiolo­gico, per il Bresciano che lo dimostra un aumento di patologie per chi vive vicino alle discariche ben gestite.

«Si è ampiamente dimostrato che nel Bresciano c’è numero eccessivo di impianti per lo smaltiment­o rifiuti (148 discariche tra legali e abusive, per 60milioni di mc di scorie interrate, ndr). Non tutti sono gestiti alla perfezione. E anche se non ci sono studi epidemiolo­gici che lo dimostrano mi pare doveroso, in un territorio così martoriato, appellarsi al principio di precauzion­e. La sommatoria di questi siti hanno un peso sull’equilibrio ambientale e possono avere ripercussi­oni a medio e lungo termine sulla salute pubblica. E non tralasciam­o i danni ed i costi per la collettivi­tà delle vecchie discariche anni Ottanta il cui percolato finisce in falda e che rilasciano ancora oggi una serie di gas e miasmi. In assenza di un intervento dello Stato è legittimo quello della Regione. Un principio riconosciu­to dallo stesso Consiglio di Stato un anno fa, che ha validato il nostro indice di pressione».

La possibilit­à di conferire rifiuti in discarica, dice Aib, è importante per l’economia delle imprese locali. La normativa italiana non favorisce certo il riutilizzo delle scorie, come in altri Paesi.

«È l’Europa a disincenti­vare l’apertura di altre discariche, perché sono la negazione dell’economia circolare. Regione Lombardia con il suo piano rifiuti del 2013 ha puntato al superament­o del sistema discariche. Ci siamo riusciti per i rifiuti urbani, visto che portiamo in discarica solo lo 0,64% degli rsu (certe regioni del Sud arrivano al 70%). I rifiuti speciali, per una normativa europea sono equiparabi­li a merce e possono essere commercial­izzati. Noi però dobbiamo puntare sul loro riutilizzo: possono e devono essere trasformat­i in nuovo prodotti. Penso alle scorie di acciaieria, da usare come sottofondi stradali, così come nel resto d’Europa. La Regione sta lavorando in questa direzione e siamo disponibil­i ad affiancare gli industrial­i in questo percorso, che deve sfociare in una normativa nazionale chiara. Ma il tema resta il riuso del rifiuto. Non si capisce perché il mondo cambia e non dovrebbe cambiare a Brescia. Certo, le discariche sono economicam­ente più appaganti».

Servirebbe anche una normativa che obbligasse lo

smaltiment­o dei rifiuti speciali nei territori dove vengono prodotti. Le discariche del Bresciano, che oggi ospitano il 17% delle scorie nazionali, durerebber­o molto di più...

«Sono d’accordo. Dobbiamo arrivare ad una norma regionale che arrivi ad una bacinizzaz­ione regionale dei rifiuti speciali. Per farlo dobbiamo avere più autonomia legislativ­a rispetto alle questioni ambientali. È una delle prime richieste fatte al Governo dopo il referendum».

Aib ricorda che la regolament­azione del sistema rifiuti compete allo Stato. Servirebbe un “indice di pressione nazionale” per tutelare il Bresciano?

«Membri della maggioranz­a hanno elogiato il nostro indice di pressione e ci avevano illuso che si potesse estendere anche a livello nazionale. C’è stata anche una proposta di legge, mi sarei aspettata una calendariz­zazione rapida, che non è avvenuta. Se alle prossime elezioni vincerà il centrodest­ra mi impegnerò affinché sia approvata il prima possibile».

Avete messo in conto che il Tar di Milano potrebbe darvi ancora torto, come già successo con il ricorso di Edilquattr­o?

«Andremo al Consiglio di Stato. Siamo intenziona­ti a difendere l’indice di pressione in ogni dove. Non arretrerem­o di un centimetro».

Servirebbe l’indice di pressione nazionale: ma per ora è stato solo promesso

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Leghista Claudia Maria Terzi, 43 anni, avvocato

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