Il vescovo: la Brescia che vorrei
«Auguro a questa città di costruire con onestà e intelligenza il bene comune»
Il nuovo vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada alla sua prima cerimonia dei ceri e delle rose in S. Francesco con il suo messaggio alle istituzioni racconta la Brescia che vorrebbe.
«Auguro a questa città — ha spiegato il presule —, che ora è anche un po’ la mia città e nelle quale sono orgoglioso di vivere, di costruire con onestà e intelligenza il bene comune».
Si è insediato agli inizi di ottobre, ma si sente già bresciano a tutti gli effetti (e non solo perché accanto al Milan, nel suo cuore da tifoso, ha ricavato un posto per le rondinelle). Si sente ancora inadeguato a dare giudizi su come viene amministrato il territorio («è prematuro»), ma monsignor Pierantonio Tremolada, alla sua prima cerimonia in San Francesco dei ceri e delle rose (lo scambio di doni fra Chiesa e autorità civili), ha le idee chiare su quale città vorrebbe: quella di una comunità degli uomini nella quale il più forte tutela il più debole, tutti curano i più fragili. La città con un’anima, un’ anima forte, che magari è poco ostentata, ma sa lavorare in silenzio, sa costruire con intelligenza il bene comune.
Parole pronunciate davanti al sindaco Emilio Del Bono, a Diletta Scaglia, in rappresentanza del presidente della Provincia Pierluigi Mottinelli, al viceprefetto Salvatore Pasquariello, all’europarlamentare Luigi Morgano, ad un piccolo gruppo (pochi, ma non è una novità) di assessori e consiglieri comunali e ai rappresentanti delle Forze dell’ordine. Un messaggio che ha tratteggiato l’idea di una città che non sia semplicemente un’aggregazione «ma una socialità ordinata e ben composta». In una parola una città che sia «armonica» e abbia uno «stile». Un stile di civiltà che renda i suoi cittadini orgogliosi di appartenervi. «Ma a cosa dobbiamo questo senso di appartenenza — si è chiesto ieri il vescovo Pierantonio —? La risposta credo che non vada cercata nelle mappe geografiche e nemmeno nelle guide turistiche. Occorre salire più in alto e avere il coraggio di affermare che ogni città ha un’anima», come ricordava un grande sindaco qual era Giorgio La Pira. E l’idea che il vescovo ha della città ha ampi orizzonti: «La società infatti non è la famiglia, non è il clan, non è la tribù, non è il club, non è il gruppo degli amici. La società ha grandi dimensioni: si potrà dunque dire che la socialità umana prende la sua forma adeguata di società e civiltà quando si struttura istituzionalmente come città».
Ma costruire la città ideale per Tremolada è un lavoro non privo di insidie, soprattutto quando si ha l’illusione di bastare a se stessi e quando si cerca in modo esclusivo il benessere privato. Invece la città ideale va costruita con un atteggiamento di servizio e scegliendo di prendersi sempre cura del più debole. «La città di Brescia — ha concluso il vescovo — è certo costituita dalle sue case, dalle sue piazze, dalle sue strade, dai suoi monumenti civili e religiosi, dai suoi teatri, dai suoi uffici e dai suoi negozi. Tutto questo è ciò che di essa si vede. Sarà doveroso conservarlo al meglio. Ciò che non si vede direttamente è invece la sua civiltà, la forma altamente umana della sua socialità, il modo esemplare di vivere dei suoi cittadini, il loro sentirsi accomunati da un unico destino, il loro ricercare e costruire insieme, con onestà e intelligenza, il bene comune. Auguro a questa città, che è ormai diventata anche la mia e a cui mi onore di appartenere, di crescere sempre più in questo senso civico, che è anzitutto rispetto e amore per l’anima di questa città, consapevolezza del valore della sua storia e della sua tradizione, capacità di coniugare il diritto del singolo con il bene di tutti, collaborazione attiva in vista della sua sempre migliore convivenza armonica».
Auguro a questa comunità di crescere sempre nel senso civico Siate capaci di coniugare il diritto dei singoli con il bene di tutti