Medici di famiglia e riforma «Torniamo al tempo clinico per ascoltare e capire»
«Ci vogliono burocrati, ma il computer non è un alibi»
«Non siamo all’anno zero», precisa subito Ottavio Di Stefano, presidente dell’Ordine dei Medici ed Odontoiatri di Brescia, riferendosi al coinvolgimento dei medici di medicina generale nella presa in carico sul territorio degli oltre 330 mila malati cronici, molti dei quali portatori di bisogni assistenziali complessi. Un tema scottante e foriero di polemiche nelle ultime settimane.
«Più dell’80% dei medici di base della ATS di Brescia da tempo conferisce i dati (clinical governance) sulla patologia cronica consentendone il monitoraggio ed i conseguenti interventi che, negli anni, hanno prodotto un importante miglioramento dell’assistenza a questi malati». Sono circa il 52% dei medici nella Ats di Brescia che si sono impegnati nelle nuove articolazioni previste dalla riforma, mentre altri colleghi hanno deciso di proseguire nel loro approccio tradizionale. «Sono entrambe scelte che meritano rispetto, grande rispetto» commenta Di Stefano. «Lo stesso rispetto meritano le legittime azioni sindacali avverse alla riforma, ma l’Ordine non è un sindacato. Dovremo orientare la nostra formazione ed informazione sulla riforma sia in termini culturali che clinico-pratici ed organizzativi. Compito che si prospetta difficile per l’innovazione radicale di sistema che essa prevede, per la non chiarezza di interazione, almeno per ora, con le molte strutture già operanti sul territorio».
E il Presidente ribadisce il proprio credo per il successo di qualsiasi evoluzione dell’assistenza al malato: «Il nostro dovere è quello di creare valore: valore di cura che non è trattabile, non negoziabile, né comprimibile. Dobbiamo tornare a riappropriarci del tempo clinico per ascoltare, per capire, per sbagliare e tempo per rimediare». È bello sentire parlare di questi valori, fondanti della comunità medica a partire dalla principale fra le pratiche mediche: dall’esame fisico. «L’esame fisico è un rituale umanistico che crea fiducia; un legame cruciale tra medico e paziente sul quale si fonda un’assistenza sanitaria di qualità».
Ma un corretto esame fisico prende tempo che il medico di oggi non ha più. «Esiste - ribatte Di Stefano - una parte di colleghi, per fortuna largamente minoritaria, che si nasconde dietro lo schermo, non si alza, non visita ed attribuisce tutte le colpe al PC. Il tempo è prezioso per tutti, dentro e fuori l’ospedale, negli ambulatori di paese, nelle corsie, nelle sale operatorie robotizzate, negli hospice, nei laboratori che scrutano, manipolano, aggiustano i geni. Certo i record elettronici e tutti i sistemi informatici sono ausili indispensabili, irrinunciabili per il medico di medicina generale ma, attenzione, gli ausili sono molto importanti per la clinica e per la comunicazione fra i vari settings di cura e servono per realizzare quella integrazione, oramai mitica, che tutti auspichiamo».
Non solo, Di Stefano precisa che è giusto che chi amministra possa controllare il corretto impiego delle risorse ed il rispetto degli obbiettivi aziendali ma che, in realtà, l’informatica è votata quasi esclusivamente al controllo economico, di cui, comunque, nessuno nega la necessità. «Si è costruito osserva - un neo sistema burocratico computerizzato e sempre di più si ha l’impressione che i medici vengano valutati per la correttezza compilativa dei report e non per la loro valenza clinica».
Altro tema determinante è anche quello di un approccio di team per trovare i migliori percorsi terapeutici per ogni singolo paziente. «La letteratura internazionale — ricorda il presidente dell’Ordine — è ricca di esempi organizzativi di studi e di corsie con giovani medici in formazione integrati, con personale amministrativo, con infermieri, con operatori di supporto, con tecnici sanitari, con psicologi, con assistenti sociali e case manager che vuol dire “condurre con la mano”. Lavorare insieme perché ognuno possa dare il meglio della propria professionalità».
Ma la realtà dei medici oggi è fatta anche di disagio, soprattutto fra i giovani. «Disagio medico - osserva Di Stefano — vuol dire che la nostra gente non ce la fa più. Ma la comunità medica bresciana resiste, resiste, resiste e lo testimonia la qualità della salute che garantiamo, con dati documentati, in tutti gli ambiti. Quindi nessuno scoramento, ma una denuncia realistica che indirizziamo a chi decide». Un giornale inglese recentemente ha lanciato un allarme sull’inarrestabile declino del loro sistema sanitario, che ispirò anche il nostro, facendo una singolare metafora: «Il giornalista — conclude Di Stefano — paragonava i segnali d’allarme del sistema, allo spegnersi del canto del canarino che i minatori portavano nelle miniere; quando smetteva di cinguettare il pericolo era imminente e catastrofico. Anche il canto del nostro canarino rischia di affievolirsi fino a spegnersi, ma la colpa non potrà, certo, attribuirsi ai minatori».
Malati cronici Meritano rispetto sia i colleghi che hanno detto sì alla presa in carico sia quelli che hanno detto no Il rischio del declino Se ci sarà un deterioramento del sistema non sarà certo colpa di noi medici