LA BRESCIANITÀ DI PAPA PAOLO VI
La strada che porta alla proclamazione della santità di papa Paolo VI, al secolo Giovanni Battista Montini (nato a Concesio il 26 settembre 1897 e morto a Castel Gandolfo il 6 agosto 1978) è ormai in discesa. Dopo che i teologi hanno riconosciuto la natura miracolosa della guarigione – anzi, addirittura della nascita – di una bambina veronese la cui madre chiese l’intercessione di Paolo VI, tutti attendono l’annuncio della data della canonizzazione da papa Francesco. Certo, insistere sulla brescianità dell’ormai prossimo «san» Paolo VI rischia di limitarne la figura: Montini è il Papa del Concilio, della Populorum Progressio, del discorso all’Onu, dell’Evangelii nuntiandi, del pellegrinaggio in Terra Santa, dei viaggi apostolici, il Papa del moderno e del dialogo con la più avanzata teologia del suo tempo. Ricordare la brescianità di Paolo VI può tuttavia aiutare cogliere il tratto fondante della sua formazione e dunque della sua spiritualità. Egli stesso, ricevendo 40 anni fa il Consiglio comunale di Brescia — era il 10 dicembre del 1977 — riconosceva che i valori di «libertà, giustizia e solidarietà operosa» di cui s’era fatto alfiere da Papa facevano parte del patrimonio ideale del popolo bresciano; sottolineava il proprio debito spirituale verso quella «robusta tradizione cattolica» che aveva innervato la vita civile bresciana; additava alle giovani generazioni il patrimonio ideale di cui egli s’era nutrito grazie a quegli uomini, un patrimonio fatto di «rettitudine della coscienza, saldezza delle convinzioni, lungimiranza delle intuizioni». Ma se non vorremo fare di san Paolo VI un santino, un’immaginetta algida e sterile, e sentire vibrare la modernità di accenti e di insegnamenti, converrà anche ascoltare — sia pur laicamente — l’invito che egli rivolgeva 40 anni fa ai rappresentanti della città: l’invito alla costanza nella mitezza. «In un tempo come il nostro, così esposto alle suggestioni di una violenza cieca e di una smania di nuovo per il nuovo, che spesso ha la sua motivazione solo nella mancanza di disciplina interiore e di abitudine al sacrificio, l’impegno della costanza nella mitezza si rivela di straordinaria attualità», diceva Paolo VI. Frasi a cui seguiva il paterno auspicio che gli abitanti di «questa Città a noi tanto cara» «possano vivere in operosa concordia e progredire continuamente nella pacifica ricerca del giusto benessere». Operosa concordia e giusto benessere: due bei traguardi per la Brescia di oggi additati dal suo più illustre concittadino. Prossimamente santo.