Strage, Tramonte in carcere: pronto al confronto con Milani
L’ex fonte del Sid condannato all’ergastolo ribadisce: «Non c’entro nulla»
Il presidente della Casa della Memoria, Manlio Milani, gli ha chiesto di riconoscere la sentenza di condanna per la strage di piazza Loggia. Prima di tendere la mano al dialogo. «Non avrei problemi a parlare con lui» ribatte Maurizio Tramonte da Rebibbia. Ma ribadisce: «Io con la strage non c’entro nulla».
Tramonte Il mio errore è stato calunniare troppe persone
Provato, invecchiato. Ma determinato (come sempre) a non cambiare idea. Estradato martedì scorso con un volo Lisbona-Fiumicino dal Portogallo, dove fu arrestato il 21 giugno scorso — meno di 24 ore dopo la sentenza della Cassazione — Maurizio Tramonte si trova in isolamento nel carcere di Rebibbia. Condannato in via definitiva all’ergastolo per la strage di piazza Loggia — e con lui Carlo Maria Maggi, referente di Ordine Nuovo nel Triveneto e ritenuto il regista dell’attentato — non sa quando e come sarà trasferito più vicino alla sua famiglia e alle persone care.
A fargli visita prima di Natale, nel frattempo, ci ha pensato il suo legale, l’avvocato Marco Agosti. Prima di lui, da Brescia, è stato Manlio Milani, anima della Casa della Memoria, a tendergli in un certo senso la mano: «Dovesse riconoscere il verdetto e volesse aprire un dialogo, anche con me, di certo non troverà la porta chiusa», aveva detto. Tramonte è pronto. «Disponibile al confronto, non avrei alcun problema a parlare con Manlio Milani. Perché non sono stato io a uccidere sua moglie (Livia Bottardi Milani, morta in piazza Loggia, ndr). Io, con la strage di piazza Loggia non c’entro nulla» ribadisce ancora adesso dal carcere l’ex fonte Tritone. «Il mio errore — ammette con rinnovata consapevolezza — è stato quello di calunniare tante, troppe persone».
E ancora, ripete fino allo sfinimento che non voleva scappare. O sottrarsi alla decisione dei giudici, anche se che potessero assolverlo lo ha sempre sperato. Partì dal Portogallo un paio di giorni prima dell’udienza al Palazzaccio: «Ho un amico che ha un’hotel sul mare in Portogallo. Volevo solo farmi un mesetto di vacanza lì...prima di trascorrere il resto dei miei giorni in carcere». Quello di Lisbona lo descrive moderno e all’avanguardia, con le vetrate per i colloqui con i parenti (lì più di una volta la moglie è andata a trovarlo) e le tute colorate («come in America») riservate ai detenuti.
Se per Manlio Milani il rientro di Maurizio Tramonte in Italia «segna un confine storicamente definito e insuperabile e annulla tutti i tentativi di impunità che si sono susseguiti negli anni», lui è pronto a incontrarlo. Ma per ribadirgli la sua innocenza. Le indagini in procura ordinaria e minorile sui presunti esecutori materiali, intanto, non sono ancora chiuse.