Casalini e la battaglia contro il made in Italy contraffatto
Il progetto di Antonio Casalini, neopresidente di UnionAlimentari
Imprenditore originario di Orzinuovi, Antonio Casalini è il nuovo presidente di UnionAlimentari Brescia e nazionale: la verticale di Confapi che unisce oltre duemila piccole e medie imprese del settore alimentare. Ha lanciato una nuova iniziativa per contrastare il falso made in Italy: «L’Italia, che non c’è!».
Antonio Casalini, 65 anni, originario di Orzinuovi, tra i dirigenti del gruppo MidiLazzaroni, da qualche mese è il nuovo presidente di UnionAlimentari Brescia e nazionale, la verticale di Confapi che unisce oltre duemila piccole e le medie imprese del settore alimentare. In prossimità delle feste ha lanciato una nuova iniziativa a livello nazionale per contrastare il falso made in Italy, dal titolo emblematico: «L’Italia, che non c’è!».
Antonio Casalini, come mai una campagna su questo tema?
«Guardi, a volte si sottovaluta la dimensione del problema ma ci sono tanti prodotti taroccati che stanno portando via fatturato alle nostre imprese. Stime ministeriali dicono
«L’Italia, che non c’è» è il titolo della proposta a tutela del vero made in Italy oltreconfine L’appello ai cittadini Abbiamo avviato una campagna chiedendo la collaborazione di tutti e invitandoli a segnalarci le situazioni anomale che notano all’estero Le tendenze per il futuro I consumi stanno cambiando: meno carne e più vegetali, più cibo integrale, più biologico in genere. Gli imprenditori si stanno adeguando
che il danno dei prodotti alimentari spacciati come italiani ma non tali ammontano a 6 miliardi solo per la copiatura di Dop e Igp, che crescono a 40 se si considera tutto il comparto. Oltre al fatto che questo non è ovviamente giusto, spesso abbiamo anche un problema di scarsa qualità dei prodotti e, non ultimo, di mancata occupazione: stando alle stesse stime sui fatturati stiamo parlando di 300 mila occupati che non ci sono». Il problema non è nuovo: come mai proprio adesso?
«La goccia è stata una grossa piattaforma on line (Amazon, segnalata all’antitrust per problemi di etichettatura, ndr) che si è giustificata dicendo che non è loro responsabilità preoccuparsi della provenienza dei prodotti. A me sembra assurdo e per questo abbiamo avviato una campagna chiedendo la collaborazione di tutti i cittadini, invitando a segnalarci essi stessi situazioni anomale. Quando si va all’estero e un prodotto ci sono troppe ban-
diere tricolore o parole italiane deve scattare il campanello d’allarme».
A proposito di qualità dei prodotti: anche l’Italia non è affatto esente da qualche scandalo.
«Sono casi isolati. Abbiamo uffici di repressione frodi, i Nas, Ats molto attente a quali materie prime vengono utilizzate, a come vengono prodotti e conservati. Direi che il sistema italiano di controllo della qualità funziona bene».
Ma il Made in Italy non è concetto a volte un po’ elastico, con i casi limite di chi dice che tutta la filiera deb-
ba essere italiana per poter definire un prodotto 100% italiano?
«Di sicuro è necessario che ci sia un approfondimento e un maggiore dialogo per arrivare a definizioni condivise. So anche che è dal 1700 che in Italia si importa una parte di grano dal Canada perché non è come quello italiano. Così come so che non c’è latte a sufficienza per fare tutti i formaggi o altro che facciamo. Il Made in Italy è sicuramente una grande capacità di trasformazione della materia prima: senza trasformazione non c’è cibo»
Per l’agroalimentare come sarà il 2018? Anche negli anni di crisi in realtà non è andata male.
«Vero, la situazione è abbastanza buona e lo sarà anche nel prossimo futuro, quello che è più evidente è che i consumi stanno cambiando. Meno carne e più vegetali, più cibo integrale, più biologico in genere. Fortunatamente gli imprenditori si stanno adattando molto rapidamente al contesto mutato. E siamo solo agli inizi: con l’inizio del 2018 diventa legale, in Italia e in Europa, il consumo di un certo numero di insetti e novel food . All’inizio ci sarà curiosità o poco più, ma fra dieci o 15 anni sarà sicuramente più diffuso. Anche solo per questioni
di sostenibilità del pianeta».
L’agroalimentare è settore molto importante anche a Brescia: 2018 positivo anche qui, quindi?
«Di sicuro, sono pronto a scommettere che il ciclo positivo continuerà anche a Brescia e che aumenteranno le esportazioni. Poi, certo, qualche incidente di percorso per qualcuno magari ci sarà».
Esportazioni non è solo andare con la valigia all’estero: sempre più è anche e-commerce.
«Una grande opportunità, da sviluppare con la dovuta attenzione però perché la qualità del Made In Italy presuppone controllo dei prodotti e della provenienza. E se questo è già difficile riuscire a farlo in Italia, figuriamoci su piattaforme globali».
Il 2018, così hanno annunciato ministeri delle politiche agricole e dei beni culturali, sarà l’anno del cibo italiano.
«Così hanno deciso, non so bene in cosa questo si tradurrà nel concreto, ma so che è sicuramente positivo. Il cibo italiano è davvero una grande ricchezza e legare questo con la grande offerta culturale del Paese è una immensa potenzialità, fino ad oggi ben poco sfruttata».