Signaroli riscrive un finale di Scott
Immaginiamocelo seduto su una sedia a dondolo, il camino acceso e, accanto, una scatola di cioccolatini al whisky di cui va matto. Tiene fra le mani un romanzo in inglese e, pagina dopo pagina, i suoi occhi scorrono avidi ad ogni capitolo. Che sir Walter Scott si facesse divorare così, da uno sconosciuto, non era prevedibile. Ed ecco invece che l’incontro inatteso, fra il romanziere scozzese e il ricercatore camuno, si fa denso di appunti, annotazioni, rimandi. Simone Signaroli non lo nega: quella per Walter Scott è quasi una passione amorosa, tinta di seduzione letteraria e stima intellettuale da lettore colto. L’esito di questa frequentazione narrativa è un breve e delizioso saggio «Un tè con miss Martha. Una lettura sentimentale» che Signaroli ha scritto e regalato come strenna natalizia (lo si può leggere integralmente sul suo blog langolodiscott.wordpress.com). E qui il ricercatore contemporaneo propone un’interpretazione originale quanto arguta del finale di «Old Mortality» di Walter Scott: un finale a sorpresa (e metaletterario) sulle vicende irrisolte nel romanzo, rispetto alle quali lo scrittore immaginario Peter Pattieson di Gandercleugh cerca un’ispirazione durante un tè da Miss Martha Buskbody, trovando egli stesso la soluzione più adeguata e spiazzando il lettore. «Sono anni — spiega Signaroli — da quando lessi Rob Roy e ne rimasi folgorato, che quasi non riesco a leggere romanzi che non siano di Walter Scott (per fortuna ne ha scritti parecchi). I suoi lavori sono una miscela unica di amore per i cani, ricerca storica, arte narrativa e ironia». Come mai questa predilezione? «È un autore che troviamo ovunque intorno a noi, senza nemmeno saperlo. Per fare qualche esempio: la celebre “Ave Maria” di Schubert è musicata su parole di Scott (una sezione del poemetto “La donna del lago” tradotta in tedesco); “I promessi sposi” di Manzoni è farcito di riferimenti a Scott; l’abito scozzese maschile, il kilt moderno, fu reinventato da Scott per la visita a Edimburgo di Giorgio IV; Stendhal lo definì in una lettera “nostro padre, Walter Scott”. E si potrebbe continuare». Eppure non è fra gli autori più letti. Come mai? «Purtroppo è letto pochissimo e le traduzioni disponibili sono poche, spesso molto vecchie». Ma Simone Signaroli ha colto nel segno: la piacevole lettura di «Un tè con Miss Martha» ci riporta in una dimensione antica e raffinata che fa venire voglia di una scorpacciata di Walter Scott. Un po’ come coi cioccolatini al whisky.