Gli anni del Circolino
Un volume ripercorre la storia della Sinistra Dc bresciana
La fine rovinosa e traumatica della Prima Repubblica ha abraso dalla memoria collettiva tante vicende cruciali che rimandano alla vita e al ruolo dei partiti: sono andati dispersi archivi e documenti, sono finiti offuscati ricordi e meriti. Solo dopo un quarto di secolo va prendendo forma (...) un lodevole sforzo di recupero: di carte, di vicende, di archivi, di storie.
Si colloca in questo quadro il lavoro che va ascritto al merito, alla pazienza e alla passione di Franco Gheza, studioso della storia sindacale bresciana, e Maurilio Lovatti, da tempo impegnato in una preziosa ricognizione di figure e vicende del mondo cattolico bresciano del Novecento. In attesa che si riesca a mettere mano a una organica storia della Dc bresciana vanno accolte con favore le ricerche che – come questa – mettono a fuoco la vicenda di una delle componenti interne, una delle ormai vituperatissime «correnti» della Dc.
Gheza e Lovatti, in particolare, si occupano di quel segmento della corrente di Forze Nuove, nata nei primi anni Sessanta, che faceva capo a esponenti popolari provenienti dall’esperienza di Acli e Cisl: componente che trovò sintesi prima nel Centro studi Achille Grandi poi nel Circolo culturale Michele Capra. In gergo politico e giornalistico questa esperienza fu meglio conosciuta come «Circolino», forse per via delle dimensioni della sede di vicolo San Clemente 25/A. Intenzionalmente il lavoro non abbraccia tutta la storia del «Circolino»: resta in attesa di una compiuta ricognizione la stagione della crisi politico-amministrativa che investì il Comune di Brescia fra il 1990 e il 1994.(...) La ricerca di Lovatti e Gheza parte da molto lontano e si arresta un passo prima di quella stagione. Parte dal periodo degasperiano che, fino al 1953, non prevedeva né ammetteva correnti interne. Evidenzia poi come persino le biografie, le comuni esperienze formative, congiurassero a creare legami che sono poi durati una vita fra i leader di questa corrente. Giovanni Landi e Egidio Papetti si formano, adolescenti, alla scuola di don Guerino Franzoni nel “borgo rosso” di Sant’Eufemia. Franco Castrezzati sperimenta una militanza totalizzante negli anni in cui i giovani attivisti dormivano su brande disposte sulla soffitta di via Tosio, nella sede del partito. Michele Capra e Mario Faini inducevano questi ragazzi a leggere di tutto: testate cattoliche e giornali laici, da Il Ponte a Il Mondo, da Politica ad Aggiornamenti sociali. Letture voraci e disordinate, formative e illuminanti che si sommavano alle parole-guida di padre Giulio Bevi- lacqua e del teologo Tullo Goffi. Per comprendere la genesi di questa componente democristiana (altrimenti detta dei “bodratiani”) e i suoi approdi è indispensabile capire cosa accadde, in un trentennio, nelle istituzioni cattoliche, nelle Acli, nella Cisl (e soprattutto la Fim Cisl), in Azione cattolica. Una tastiera ampia, fino ad ora lacunosa, in cui Gheza e Lovatti colmano molti vuoti e riassumono efficacemente i nodi essenziali (...). Certo colpisce constatare come fosse partecipata la vita associativa di un’epoca (fra la fine degli anni Cinquanta e i Sessanta) in cui i tre componenti della segreteria Fim Cisl arrivavano a totalizzare 686 riunioni in fabbrica in due anni, l’Azione Cattolica contava 62mila iscritti e le Acli 178 circoli con 18mila iscritti. È a questo retroterra che bisogna riandare per comprendere decisioni strategiche e scelte tattiche, iniziative culturali e pratiche politiche di un gruppo dirigente immune da scissioni interne (diversamente da tutte le altre correnti) se si esclude il divorzio avvenuto nel giugno 1971 dentro Forze Nuove fra il nucleo che faceva capo ai fratelli Sandro ed Elio Fontana e quello – appunto – che si aggregò nel «Circolino». (...) Oltre alla coesione e alla consonanza biografica, un altro elemento essenziale per capire la vicenda di questo gruppo dirigente è il legame con l’esperienza di fabbrica, la militanza sindacale, il rapporto con ceti popolari in prevalenza urbani, le frequentazioni con un clero che a questa esperienza affidava speranze di autentica promozione umana. Uno degli elementi problematici, nell’alimentare questa esperienza, è rappresentato non a caso dall’accento posto sempre più nettamente sull’autonomia dell’associazionismo e del sindacato rispetto alla Dc: un’autonomia che non ha riguardato altre forze politiche ma che, nel caso della Dc, ha interrotto canali vitali e un’essenziale circolazione di linfa ideale. Sul piano più strettamente politico il «Circolino» ha sempre rappresentato l’ala sinistra del partito pur vivendo rapporti complicati con la sinistra politica, la sinistra di «Base», e non disdegnando più volte alleanze con la componente moderata prandiniana sia che si trattasse di varare segreterie cittadine, segreterie provinciali o quaterne elettorali per Montecitorio. La ricostruzione di Lovatti e Gheza, sia detto per inciso, evidenzia come l’introduzione delle liste bloccate senza preferenze abbia segnato un’involuzione, e un elemento di criticità, nel tasso di democrazia interna nella vita della Dc. Un dato che fa riflettere, laddove lo stesso metodo è stato esteso all’elezione dell’intero parlamento. (...)