Sorelle Materassi: Milena Vukotic irresistibile zitella
Vukotic al Sociale nel ruolo di Carolina: «Assomiglia a quelle figure cechoviane che si mantengono ai margini della vita»
Le formiche e la cicala, la favola declinata nella contemporaneità. Aldo Palazzeschi ha scritto «Le sorelle Materassi» nel 1934, travasandovi la sua vena ironica di narratore, in chiave grottesca, della piccola Italia. Il testo è stato adattato da Ugo Chiti per il palcoscenico e lo spettacolo diretto daGeppy Gleijeses, è l’occasione di una sinfonia attorale, con la coppia Lucia Poli-Milena Vukotic, supportata da Marilù Prati e Gabriele Anagni: da stasera a domenica al teatro Sociale per la stagione di prosa del Ctb, produzione Gitiesse Artisti Riuniti.
La vicenda, ambientata nella campagna toscana d’inizio ‘900, ruota intorno a tre sorelle che vivono insieme: due più mature, Teresa e Carolina, zitelle e ricamatrici di corredi per la nobile clientela fiorentina, e la terza, Giselda più giovane, riparata in casa dopo il fallimento del matrimonio. Le prime due hanno passato una vita di rinunce, nel culto ossessivo del loro lavoro, cui hanno sacrificato soddisfazioni ed amori. Grazie a questa vita austera, hanno acquisito una posizione di prestigio e sono riuscite a recuperare il patrimonio che il padre aveva precedentemente dissipato. A sconvolgere la loro vita ci pensa il nipote Remo, rimasto orfano di madre (la defunta quarta sorella Materassi), il quale, un dandy di provincia, un viveur d’ispirazione dannunziana — peraltro crudele con le zie, che chiama «scimmie ammaestrate» — dissipa velocemente tutto il patrimonio di famiglia. Ne parliamo con Milena Vukotic, attrice di ineffabile signorilità.
«Mentre la Teresa interpretata da Lucia Poli è la capa di questa tribù familiare, la mia Carolina è introversa. In un ambiente in cui tutti nascondono i sentimenti, lei è quella che si esprime con grande affetto e amore nei riguardi del nipote che è l’unico erede. Carolina assomiglia a quelle figure cechoviane che si mantengono ai margini della vita, coltivando indefessamente un sogno».
Remo è non solo il nipote, ma anche il maschio che non hanno mai avuto: il figlio, il marito, l’amante. In un certo senso la gioia di vivere che non hanno mai conosciuto nella loro vita grigia e austera?
«In verità, un uomo in casa l’avevano avuto, il padre, una figura però negativa. Il nipote poteva rappresentare il correttivo e invece si rivela la copia del padre. Nelle storie delle famiglie i fantasmi del passato si ripresentano. Palazzeschi è davvero straordinario a mantenersi in bilico tra commedie tragedia. Ridotte in miseria, le tre sorelle Materassi riprendono a lavorare e la loro devozione per il nipote Remo non viene meno».
Lei è nota per essere stata l’indimenticabile moglie di Fantozzi (Paolo Villaggio) e di Nonno Libero (Lino Banfi). Una non protagonista di lusso, peraltro amatissima da grandi registi (Fellini, Bunuel su tutti).
«Paolo e Federico sono stati degli amici carissimi. Ho avuto la fortuna di far parte delle loro opere e sono felice perché avvicinare questi grandi autori non è da tutti. È un dono che ho avuto dalla vita e che mi ha arricchito».