Non solo «Cuore» I romanzi e la scuola
Letteratura Carla Boroni indaga il rapporto fra gli scrittori e l’insegnamento dall’Unità d’Italia a oggi
Ci sono molti modi per raccontare la scuola: descrivere la passione pedagogica dei docenti e denunciare inadeguatezze e deficit delle strutture. Oppure scorrere le riforme normative che l’hanno segnata (dalla legge Coppino che nel 1877 introduce il biennio obbligatorio, alla riforma Gentile del 1923, ai decreti delegati del 1974) e additare la «contro-cultura digitale» che oggi la pervade.
Ci si può anche soffermare sulla figura del maestro: missionario sociale sottopagato, poi avanguardia di regimi di vario colore, oggi educatore in crisi d’identità. Ancor più emblematica la figura della maestra: pagata peggio dei colleghi maschi, considerata inadatta a mantenere la disciplina, spesso vessata da amministratori locali e comunità di destinazione (fece epoca nel 1886 il suicidio nel Pistoiese di Italia Donati, vittima di maldicenze ed emarginazione), infine protagonista di un processo di femminilizzazione del corpo docente.
Anche le vicende di insegnanti famosi può risultare emblematica: Benito Mussolini che a Tolmezzo stenta a tenere la disciplina, Leonardo Sciascia che a Racalmuto si trova disarmato rispetto alle condizioni sociali degli alunni, Pierpaolo Pasolini che a Casarsa cerca l’empatia dei discepoli, don Milani che nel Mugello fa della sua classe un grimaldello di contestazione del sistema.
Tutti volti e voci che affollano le 270 pagine di «Scuola e letteratura»: impresa titanica della bresciana Carla Boroni che sciorina una bibliografia folta di 170 titoli per estrarne (anche in forma antologica) «Il rapporto tra formazione e narrazione nella scuola italiana dall’Ottocento ai giorni nostri». Il tema evoca immediatamente De Amicis e Starnone, Mastrocola e Gianini Belotti, Vamba e Collodi. Ma la gamma di titoli, temi e autori toccata da Boroni è molto più ampia. Imperdibili, ad esempio, le pagine che Giovannino Guareschi dedica a «La maestra vecchia», o quelle con cui Giovanni Mosca conquista una classe di teppisti abbat- tendo un moscone in classe con una fionda.
Boroni difende il primario ruolo dei docenti di fronte al rischio depressivo, propugna le ragioni della formazione contro quelle dell’istruzione, invoca la passione della lettura contro l’eccesso di analisi testuale ovvero «i personaggi fatti a pezzi, gli ambienti tagliuzzati, i periodi vivisezionati». La docente bresciana fa tutto questo non da un pulpito teoretico ma aggirandosi in una selva di testi e autori noti e meno noti. Lo fa conducendo con passione (pedagogica) e perizia (storico-critica) il lettore alla scoperta di pagine volta a volta incantevoli, drammatiche, impegnate e divertenti. Ne esce una foto di gruppo di alunni, docenti, dirigenti che passa dalle immagini seppiate di fine Ottocento ai selfie odierni, fra deficit permanenti e slanci riformatori. I segnavia del percorso sono i classici della letteratura scolastica, ma anche autrici e autori meno noti o meno notoriamente ascritti al filone: Ida Baccini e Matilde Serao, Maria Pilati e Ada Negri, Giovanni Verga e Luigi Pirandello, e tanti altri. L’autrice non fa sconti sulla condizioni attuali e sulle responsabilità politiche a cui va ascritta «una scuola disorientata per eccesso di ambizione didattica, insegnanti demotivati per ansia da prestazione, mancanza di prospettiva formativa per la “liquidità” degli obiettivi».
Libro amaro e scoraggiante? Tutt’altro. Perché a prevalere su tutto è la passione educativa della Boroni. «Perché — per citare Massimo Recalcati — quello che resta della Scuola, nel tempo della sua evaporazione, è la bellezza dell’ora di lezione. Un’ora di lezione può sempre aprire un mondo, può sempre essere il tempo di un vero incontro».
Dialettica L’educazione preferita all’istruzione, il piacere e il gusto della lettura all’analisi testuale