Corriere della Sera (Brescia)

Viaggio in Sicilia con Piers Faccini

«Non ho una patria ma coltivo le mie radici»

- Raffaella Oliva © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’ultimo disco di Piers Faccini, «I Dreamed An Island», è molto diverso dal precedente «Between Dogs and Wolves». Se questo, del 2013, intrecciav­a la voce delicata del songwriter con melodie intime e notturne, con l’album che sentiremo dal vivo stasera alla Salumeria siamo in un altro territorio: le 10 tracce che lo compongono sono ispirate a «un momento unico nella storia del Mediterran­eo » , spiega il cantautore, classe 1970. «Quello della Sicilia del XII secolo, quando nell’isola convivevan­o cristiani, musulmani ed ebrei, e regnava la tolleranza». Lo dice in un italiano quasi perfetto: nato in Inghilterr­a, Faccini ha, infatti, vissuto tra Londra e la Francia, e quanto a origini è «un misto», così si definisce. «Ho un nonno italiano, una nonna irlandese, nella genealogia della mia famiglia c’è una parte ebraica… Non ho una patria, sono per il multicultu­ralismo». E ancora: «Tornare a quella Sicilia non significa, per me, scordare i momenti bui del passato, ma ricordare che noi siamo anche altro, ossia quel dialogo tra tradizioni che sta a fondamento della storia europea. Meraviglie come la Cappella Palatina e San Giorgio degli Eremiti a Palermo non sono che la prova di quanto splendore si possa creare quando, anziché separare, si unisce».

Nel disco i testi sono in inglese, francese, arabo, oltre che in dialetto palermitan­o e salentino. «Mi sono divertito a giocare con questi idiomi, interessan­ti proprio perché nei loro suoni si sentono la Grecia, l’Albania, il Nord Africa, la Siria», continua Faccini. «Certo, per quanto adori la pizzica, non sarei mai stato in grado di scrivere in dialetto! Mi sono fatto aiutare da Mauro Durante del Canzoniere Grecanico Salentino e da Fabrizio Cammarata. Dopodiché ho lasciato conversare strumenti moderni come il basso, la chitarra elettrica e la batteria, con altri più antichi, dalla viola d’amore alla chitarra barocca». Il risultato è un viaggio suggestivo e sfaccettat­o, con brani che toccano anche l’attualità: vedi «Drone», sulla guerra in Siria, e «Oiseau», scritta all’indomani dell’attacco terroristi­co al Bataclan di Parigi. «Se si dimentica troppo si rischia di diventare alberi senza radici » , sostiene Faccini. «E questo vale ancor più con il clima che si respira adesso, con un presidente americano che fa passare il messaggio che non tutti i neonazisti sono cattivi: la cosa più gentile che possiamo ribattere è che c’è un grave problema di memoria».

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Cosmopolit­a Piers Faccini, 48 anni, ha vissuto tra l’Inghilterr­a e la Francia

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