Strage, nuovo indagato è un veronese
Vive negli Stati Uniti. Mercoledì otto perquisizioni in Valpolicella, nelle abitazioni di lontani parenti Gli uomini del Ros cercavano foto dell’epoca. Nel ‘74 viveva in Veneto e militava in Anno Zero
Roberto Zorzi. È l’ultimo indagato per la strage di piazza Loggia. Il suo nome è scritto nel fascicolo sull’attentato di destra del 28 maggio 1974, la famosa «inchiesta bis», quella sulla pista veronese, aperta nel 2011 e affidata ora (dopo il trasferimento a Roma del pm Francesco Piantoni) al sostituto procuratore Cati Bressanelli. Roberto Zorzi, è nato il 2 settembre 1953 a Merano e ha vissuto per numerosi anni in Valpolicella, dove ancora risiedono alcuni suoi lontani parenti.
Due giorni fa, mercoledì, le abitazioni di otto familiari di Zorzi sono state perquisite dagli uomini del Reparto Antiterrorismo del Ros di Roma. I blitz sono andati in scena tra Sant’Ambrogio di Valpolicella e Pescantina: gli investigatori, su mandato della magistratura bresciana, erano alla ricerca di foto e immagini dell’epoca che potessero, in qualche modo, dimostrare la vicinanza del veronese agli ambienti dell’estrema destra.
Nel Veronese, Zorzi ha conseguito all’epoca il diploma di geometra, dopodiché si è trasferito negli Stati Uniti dove vive tuttora. «Ho ricevuto ieri (mercoledì, ndr)la nomina come suo difensore d’ufficio — spiega l’avvocato bresciano Paolo Staffieri — ma non sono ancora riuscito a contattarlo perché gli inquirenti mi hanno informato che è diventato cittadino americano. È indagato per l’accusa di concorso in devastazione e strage, appena mi trasmetteranno i suoi recapiti mi metterò immediatamente in comunicazione con lui per informarlo di tali sviluppi giudiziari e per decidere insieme il da farsi».
Facendo una ricerca online su Zorzi, si scopre comunque che oltreoceano il geometra veronese ha lavorato per alcuni anni in uno studio di architettura prima di dedicarsi ora a tempo pieno a un allevamento di cani a Snohomish, nello Stato di Washington, il «Del Littorio International Dobermann». Nel giorno della strage, il 28 maggio 1974, Zorzi abitava però ancora a Sant’Ambrogio Valpolicella, in provincia di Verona. Il padre lavorava il marmo, Roberto si manteneva dipingendo quadri e all’epoca si sarebbe fatto «notare» per la sua militanza politica: disciolto Ordine Nuovo, avrebbe aderito ad Anno Zero, l’ala eversiva nata sulle ceneri di On e voluta dal Carlo Maria Maggi.
Cosa ha dato un’accelerazione all’inchiesta? L’impressione è che siano emersi elementi inediti o testimonianze nuove. Di certo, gli ergastoli inflitti meno di un anno fa a due veneti, l’ispettore di Ordine Nuovo, Carlo Maria Maggi e l’allora collaboratore dei servizi segreti, Maurizio Tramonte, non hanno affatto scritto la parola «fine» nelle pagine giudiziarie sul massacro in piazza della Loggia.
«Il compendio probatorio nei confronti di Maggi non lascia spazio per dubitare del suo ruolo organizzativo, sul quale convergono non solo le dichiarazioni accusatorie di Tramonte e di Digilio (Carlo, addetto agli esplosivi e già deceduto, ndr), ma tutti gli altri elementi indiziari», ha argomentato la Cassazione motivando la sentenza che il 20 giugno scorso ha confermato l’ergastolo per i neofascisti Maggi, mandante, e Tramonte, padovano e partecipe del piano stragista.
Dopo il verdetto della Suprema Corte, Maggi, che oggi ha 80 anni e accusa problemi di salute, è agli arresti domiciliari a Venezia, dove vive. Invece Tramonte, 65 anni, dopo essere stato detenuto in carcere in Portogallo, dov’era scappato, è stato poi estradato alla fine di dicembre ed ora è detenuto nel carcere di Fossombrone. Ma ora, nei guai, c’è anche un veronese. La pista veneta sta portando a nuovi sviluppi. La parola fine non è ancora stata scritta.
L’avvocato Staffieri
Ho ricevuto mercoledì la nomina d’ufficio: è indagato per concorso devastazione e strage