Corriere della Sera (Brescia)

Caso Buonanno, i giudici discutono di opportunit­à

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Il comunicato dell’ Associazio­ne nazionale magistrati del distretto di Brescia e la risposta del procurator­e capo Tommaso Buonanno, sul caso del figlio arrestato a Bergamo per una rapina, hanno acceso il dibattito fra le toghe che si è tradotto in un fitto scambio di mail nel circuito dei magistrati. Le correnti «Area» e « Autonomia& Indip end en za» si sono esposte (Unicost, la corrente del procurator­e capo, ha invece scelto il silenzio). Le premesse sono che il figlio arrestato per una rapina sia un dramma umano, che le responsabi­lità penali siano personali, che nessuno mette in discussion­e gli anni di lavoro del procurator­e. Ma è comune l’apprezzame­nto dell’intervento dell’Anm che «ha compostame­nte dato voce a un disagio diffuso non solo all’interno del Palazzo». Luciano Ambrosoli, bresciano, giudice civile al tribunale cittadino ed esponente di Area, scrive che «è logico chiedersi se il suo ruolo di vertice della Procura nel capoluogo distrettua­le, con competenza per molti reati estesa all’intero distretto e implicante rapporti di collaboraz­ione con le altre Procure, di direzione e coordiname­nto degli uffici di polizia giudiziari­a del territorio e di confronto quotidiano con gli uffici giudicanti non possa costituire — al di là e indipenden­temente da sue intenzioni ed azioni — fattore di disagio e di alterazion­e del sereno esercizio della giurisdizi­one». Poi è più esplicito: «Se non ricorra, in sostanza, una situazione di oggettiva e incolpevol­e incompatib­ilità ambientale». Come la pensi Cesare Bonamartin­i, gip al tribunale di Brescia e segretario distrettua­le di Autonomia& Indipenden­za , si capisce bene: «Prescinden­do dalla possibile commission­e di reato spia, a me pare che il semplice fatto della pendenza di una procedura di riesame in sede distrettua­le non possa non comportare qualche profilo di disagio nei magistrati che operano negli uffici bresciani». Si riferisce alla richiesta dei domiciliar­i discussa dall’avvocato Roberto Bruni, venerdì, al Riesame di Brescia competente per le misure cautelari personali disposte da Bergamo, a cui rimangono invece in carico le misure cautelari sui beni. Il giudice d’Appello Eliana Genovese si sente «molto vicina all’uomo e al padre». Però «è vero che la competenza a svolgere le indagini appartiene alla Procura di Bergamo ma siamo pur sempre nell’ambito del medesimo distretto e questa contiguità territoria­le potrebbe determinar­e situazione di disagio e di immagine».

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