Gat al Grande con i pezzi «cult» del suo repertorio
Il coreografo israeliano al Teatro Grande con due pezzi di culto del suo repertorio: in «Sacre» e «Gold» indaga sui rapporti umani
Fisico e carnale, tra ebrezze geometriche e movimenti ipnotici ha profanato Mozart con la discomusic, vestito i suoi ballerini con braghe di felpa e maglie sdrucite e violato Xenaxis con l’hip hop. Emanuel Gat sarebbe dovuto diventare un direttore d’orchestra (ha studiato musica), ma è stato contagiato dalla danza: il coreografo israeliano, tra i meno concettuali al mondo, contamina il movimento con partiture classiche ma crea anche dal silenzio, ascoltando il respiro dei danzatori.
Stasera, (alle 20.30) Gat porterà al Teatro grande due dei suoi pezzi più iconici: «Gold» e «Sacre» (biglietti in teatro, alle filiali Ubi abilitate o sui siti teatrogrande.it e vivaticket.it). Nel primo, la storia di una famiglia diventa uno scorcio intimo e universale nei rapporti umani, e la sintassi coreografica la soglia per un’estasi taciturna. In «Sacre» — rilettura libera e frenetica della «Sagra di primavera» di Stravinskij — affiora la poetica dei contrari: l’autore scardina le meccaniche della danza popolare cubana e le riassembla per un risultato ad alto tasso drammaturgico.
Le sue sono coreografie in fieri: una visione che si evolve tra intuizioni improvvise e si nutre di incontri.
«Quando creo, non cerco di avere una visione limitata e definita di ciò che sarà il pezzo coreografico: sono aperto perché diventi ciò che diventerà. Anche un pezzo “cattivo”, in un certo senso. Il punto è che non vedo alcun lavoro coreografico come un prodotto con qualche versione finale. È un costante lavoro in corso. La prima è solo un punto lungo il processo. Così ogni pezzo continua a rivelarsi durante la sua “vita”, crescendo, evolvendosi e cambiando».
Per lei e il suo lavoro è fondamentale anche lo scambio con i suoi ballerini: l’evoluzione passa anche dal rapporto con loro. Com’è provare con Emanuel Gat?
«È un processo continuo che procede per tentativi ed errori, una stratificazione di domande e tentativi negoziati tra i miei ballerini e me stesso. Continuiamo semplicemente a provare cose, in infinite
Ispirazione Ogni mia creazione non è definitiva: nasce, cresce e si evolve durante la sua vita e le prove sono un processo continuo di forme
forme e variazioni, e lentamente emergono strutture».
Ha detto che Gold ha un’indole contemplativa.
«Sì, è un pezzo che dirige la sua attenzione in qualche modo. Come sintonizzarsi su una voce interiore».
Sacre si concentra più sul concetto di azione che sul sacrificio.
«Il sacrificio può anche essere visto come un’azione... Ma sì, non cerco di discutere direttamente il tema del sacrificio. Lo trovo un po’ troppo forzato nel contesto di questa musica. Ma immagino che se uno vuole, puoi trovare riferimenti all’interno di questo pezzo, così come molti altri stati umani».