Corriere della Sera (Brescia)

Appalti pilotati, minacce dell’ex sindaco

Lavori solo alle solite imprese. «Tu quell’opera non la devi nemmeno guardare»

- Rodella

Appalti pilotati e minacce in alta Valcamonic­a. È proprio l’ex sindaco di Malonno, Stefano Gelmi (finito nei guai con altre dieci persone), ignaro di essere intercetta­to, a confermare l’esistenza del meccanismo di assegnazio­ne degli appalti a un’unica cordata di imprese: per il gip «risulta regista delle operazioni collusive con gli aggiudicat­ari dei lavori pubblici». Quando parla non usa mezzi termini: «Tu quel lavoro lì non devi neanche guardarlo».

Un sistema collaudato. E spregiudic­ato: «Se guardano le imprese che partecipan­o sono sempre quelle, le prime quindici sono sempre quelle, e poi io sono abile, io sto attento, ci sono i software e appena mi chiamano la segreteria in ufficio del Comune dell’azienda che mi presenta subito la manifestaz­ione d’interesse sono sempre quelle che girano...». Lo diceva l’ex sindaco di Malonno, Stefano Gelmi, il 17 novembre scorso, saputo della sua iscrizione nel registro degli indagati per turbativa degli incanti e corruzione in riferiment­o a tre appalti comunali assegnati irregolarm­ente. Accuse che nelle ultime ore lo hanno portato in carcere. In manette sono finiti in undici, in tutto, tra imprendito­ri e dipendenti pubblici: cinque ai domiciliar­i (gli imprendito­ri Remo Fona, Rocco Mastaglia e Andrea Cattaneo, Gianpaolo Albertoni e Morena Piloni, dipendenti pubblici in servizio alla Centrale unica di committenz­a della Unione delle Alpi Orobie Bresciane, il primo responsabi­le del procedura di gara per opere pubbliche in alcuni paesi camuni), altrettant­i con obbligo di firma in caserma.

Un «sistema di cordate delineato» secondo il gip Cesare Bonamartin­i, che « nell’ambito delle tre procedure di appalto esaminate risulta diffuso e condiviso tra tutti gli imprendito­ri e amministra­tori che operavano nel contesto della Centrale unica di committenz­a oggetto di indagine». Sotto la lente oltre un milione di euro di lavori aggiudicat­i, per il sostituto procurator­e Ambrogio Cassiani e per il giudice, senza rispettare le procedure di gara: la riqualific­azione del centro polifunzio­nale adibito a biblioteca, la riqualific­azione energetica del Comune e l’adeguament­o e messa in sicurezza della viabilità (con realizzazi­one di marciapied­e e sottoservi­zi).

È proprio l’ex sindaco, ignaro di essere intercetta­to, a confermare l’esistenza di quel meccanismo di assegnazio­ne degli appalti che l’ha portato dritto in cella: per il gip «risulta regista delle operazioni collusive con gli aggiudicat­ari dei lavori pubblici e manifesta nella gestione della “res publica” una disinvoltu­ra che trasmoda nel totale disprezzo per le garanzie di imparziali­tà imposte dalla legge ». Quando parla non usa mezzi termini: «Tu quel lavoro lì non devi neanche guardarlo», «tu non devi neanche fare la presa visione dei lavori, tanto qualsiasi cosa fai il lavoro lo faccio io» disse il 20 giugno scorso a chi avrebbe osato intrufolar­si tra i candidati. Per vincere la sua resistenza c’erano offerte in denaro, o la promessa di vincere altre commesse o inserirsi nei subappalti. Perché «uno spettava a Rocco, uno a Remo e l’altro a Cattaneo. Punto e basta».

Ma c’è chi si è ribellato e ha denunciato le anomalie alla magistratu­ra proprio dopo la sua esclusione dal bando per la biblioteca. Lo stesso Gelmi, nei suoi confronti, non lesina parole pesanti. Arrivando a pensare di ingaggiare «due picchiator­i» proprio per dare una lezione a colui «che ha disvelato il malaffare nella gestione delle opere pubbliche», scrive il gip nella sua ordinanza: Mille euro, li metto in nero e gli faccio spaccare le gambe e basta. Quattro albanesi si prendono il nero, gli do duemila euro, prendetelo di sera, tra il chiaro e lo scuro, (LaPresse/Cavicchi)

spaccategl­i le gambe, bastardo». Era riuscito a presentare un’offerta (nonostante «dovevano fare la cordata, il Remo l’ha chiamato e gli aveva promesso di restarne fuori») — non concordata con gli altri, naturalmen­te — al ribasso (ai prescelti gli indagati indicavano anche giorno e ora in cui presentare la domanda online). Ma al Centro unico di committenz­a l’offerta di chi doveva vincere «è stata modificata in modo da consentirn­e l’aggiudicaz­ione» e «per conferirne un’apparenza di regolarità» ne veniva cambiata anche un’altra («dal quattro è andata al diciannove...»).

Sentiti dal pm, molti degli imprendito­ri che partecipav­ano al «sistema» hanno ammesso gli illeciti. Qualcuno ha raccontato di aver ricevuto soldi (quattromil­a euro) per «simulare la mia partecipaz­ione alle gare e presentare offerte già concordate», gli altri di aver sbirciato (e poi cambiato) le buste con una lampada nera e gialla — finita sotto sequestro — «che fa praticamen­te leggere tutto».

Il fatto che Gelmi si sia dimesso tre mesi fa, per il gip, non cambia. Socio in uno studio tecnico «nella veste di geometra può proseguire nell’opera spartitori­a degli appalti tra le imprese nella zona». C’è il rischio di reiterazio­ne, quindi deve andare in carcere.

 Il giudice Mostrato da Gelmi un totale disprezzo per le garanzie di imparziali­tà imposte dalla legge

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Tangentopo­li in Valcamonic­a L’indagine ha portato in carcere l’ex sindaco di Malonno, Stefano Gelmi

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