I tesori di casa Trivulzio
La storia della famiglia di collezionisti si intreccia con quella di Milano Un itinerario di MuseoCity invita a scoprirne i pezzi più preziosi
È stato grazie a un decreto del presidente della Repubblica Giovanni Gronchi che Alberica Trivulzio, l’ultima discendente di una delle più antiche famiglie legate alla storia di Milano, ha potuto trasmettere il cognome al figlio che può così chiamarsi Gian Giacomo Attolico Trivulzio. Senza quel provvedimento il casato si sarebbe estinto, come già diversi rami nel corso della sua storia millenaria le cui prime testimonianze risalgono al X secolo. «Fin da bambino ho tenuto molto al doppio cognome ed ero sempre molto preciso nel firmare anche con quello ereditato dalla mamma perché sono nato a Parigi in una famiglia di diplomatici, ma ho vissuto e studiato a Milano e mi sento milanesissimo», racconta nella sede della Fondazione Trivulzio, in via Morone, voluta proprio dalla madre, donna di carattere che nel 1978 ha fondato anche l’associazione Vami che offre servizi volontari nei musei, in particolare ai portatori di handicap. Il progetto della Fondazione Trivulzio, invece, si è concretizzato nel 2011, quando la signora Alberica incontrò per caso la persona giusta cui affidare l’archivio di famiglia: Marino Viganò, studioso che si muove nelle intricate vicende dei Trivulzio, fra date, nomi ed eventi storici, come nei corridoi di casa sua.
E non a caso, per riuscire a sintetizzare mille anni di intrecci fra la storia dei Trivulzio e quella di Milano, il Comune ha pensato proprio a una mappa che traccia uno dei percorsi principali di MuseoCity, la festa dei musei in programma fino a domenica. La collezione Trivulzio, che comprende fra i pezzi più prestigiosi i dodici arazzi dei Mesi del Bramantino e il codice di Leonardo, fu acquistata in extremis dal Comune di Milano nel 1935, mentre stava per essere venduta a Torino, ma oggi è dispersa in vari musei che la mappa permetterà di collegare a partire dal Castello Sforzesco dove è conservata anche la biblioteca Trivulziana di 30 mila volumi fra i quali due codici manoscritti delle opere di Dante.
Ai Trivulzio è rimasta soprattutto la custodia dell’archivio: 800 faldoni (compresi quelli di Cristina Trivulzio in Belgioioso) dei 2.500 che erano conservati nel palazzo del Pio albergo Trivulzio poi confluiti nell’Archivio di Stato. La divulgazione e l’apertura di questa documentazione agli studiosi è l’attività della Fondazione che sta più a cuore al conte Gian Giacomo e alla moglie Nicoletta. «Ogni anno prevediamo un budget per studi e pubblicazioni e teniamo scambi regolari su progetti comuni con le istituzioni culturali cittadine teniamo a mantenere la tradizione famigliare di apertura alla città», racconta la signora Nicoletta che della precedente attività di progettazione di giardini ha mantenuto il vezzo di curare personalmente quello del museo Poldi Pezzoli.
Personalmente il conte Gian Giacomo coltiva una piccola passione collezionistica: quella per le macchinine Dinky Toys riproduzioni perfette in scala 1:43. «Ne possiedo 2.400 pezzi, ma il collezionismo non consiste tanto nel possedere l’oggetto, quanto nell’andarlo a cercare e infine trovare. Per questo motivo tutti possiamo essere collezionisti». Indipendentemente dal cognome.