Corriere della Sera (Brescia)

Parlamenta­ri, debutto di fuoco

Paroli: «Incomprens­ibile il veto su Romani». Crimi: «È il minimo sindacale»

- Gorlani

Debutto concitato per i dodici parlamenta­ri bresciani (nove deputati e tre senatori) compresi i quattro nuovi onorevoli della Lega (Bordonali, Formentini, Donina, Lorenzoni). La doppia fumata nera per l’elezione dei presidenti di Camera e Senato e lo scontro «nazionale» sul nome di Paolo Romani a palazzo Madama si traduce anche in chiave bresciana. «Una persona capace, imporre veti sul suo nome solo perché ha dato il telefonino del Comune alla figlia è incomprens­ibile. I 5 Stelle vogliono il caos» tuona l’ex sindaco di Brescia, Adriano Paroli. Di tutt’altro avviso il pentastell­ato Vito Crimi: «Non è possibile avere un Senato rappresent­ato da un condannato. È il minimo sindacale». La pattuglia leghista oggi voterà seguendo le indicazion­i del leader Salvini mentre i dem bresciani restano alla finestra: «Se la Lega ed i 5 Stelle ci coinvolger­anno, può riaprirsi il dialogo» dice Marina Berlinghie­ri.

La presa di coscienza di entrare a far parte del cuore istituzion­ale del Paese accorcia il sonno e stringe lo stomaco anche ai nuovi dodici parlamenta­ri bresciani. Non importa se il loro ruolo sarà quello di comparse o attori protagonis­ti.

Il primo giorno a Montecitor­io e a Palazzo Madama è comunque vissuto con comprensib­ile orgoglio, soprattutt­o dalle quattro matricole leghiste: Simona Bordonali, Paolo Formentini, Giuseppe Donina ed Eva Lorenzoni. Alla Camera sono seduti vicino, visto che i posti non sono ancora assegnati: «Ho a fianco tanti amici della Liguria che avevo già conosciuto in passato quando ero giovane responsabi­le esteri del movimento» spiega Paolo Formentini, che in omaggio a Salvini non indossa la cravatta. Dopo la prima fumata nera per l’elezione del presidente i quattro neoeletti si concedono un pranzo veloce e leggero: insalata e salmone per i maschietti, due fette di prosciutto per le sina gnore, che si muovono con sobria eleganza fatta di pantaloni e giacche scure. Nel pomeriggio si replica il sequel di schede bianche in attesa che il leader Salvini «ci dia indicazion­i». Giuseppe Donina, vicesindac­o di Ceto, si dice spaventato dal luogo che «incute timore e responsabi­lità». Il suo primo pensiero è andato alla famiglia, con un selfie inviato alla moglie Simona e ai figli Sophia (12 anni) e Nicolò (8). Al netto delle emozioni, in gioco però ci sono le basi per il futuro governo.

Tutto passa attraverso l’elezione del presidente del Senato. Il neosenator­e Adriano Paroli (già deputato per 16 anni) difende il nome di Paolo Romani (imposto da Berlusconi) ma sul quale si è alzato il muro dei 5 Stelle in quanto condannato per peculato: «Si tratta del telefono dato alla figlia, un fatto del tutto marginale. Romani è persona capace, imporre veti sul suo nome è irresponsa­bile. Mi preoccupa chi lavora solo per il caos». E sul nome alternativ­o di An- Maria Bernini, che incassa il sostegno della Lega, aggiunge:«Se non si vuole legittimar­e il peso politico di Forza Italia bene fa Berlusconi ad insistere su Romani, che tra l’altro piace anche al centrosini­stra. Salvini non deve cadere nella trappola dei 5 Stelle». Ragionamen­to seguito anche da Maria Stella Gelmini; dolcevita bianco e foulard verde acqua al collo, l’ex ministro e probabile futura capogruppo FI alla Camera insiste: «I 5 Stelle non possono pensare di porre un veto assoluto nei confronti delle altre forze politiche; con la chiusura non si va da nessuna parte». Di tutt’altro avviso i pentastell­ati bresciani. Vito Crimi, rieletto in Senato, ricorda: «Abbiamo posto un veto alle persone condannate, perché non possono rappresent­are il Parlamento e gli italiani. È una questione di minimo sindacale». Rincara la dose Claudio Cominardi, che torna alla Camera senza cravatta, indossando «una giacca Conbipel e il maglioncin­o del mercato» perché dice, non gli sono mai piaciuti i formalismi: «Mettere un condannato sulla sedia della seconda carica dello Stato è una provocazio­ne a dir poco scandalosa. Scelgano un altro nome ma noi con Berlusconi non parleremo: niente Nazareno bis».

Marina Berlingihe­ri, riconferma­ta alla Camera, confessa «la stessa emozione di cinque anni fa». È seduta a fianco del ministro Minniti e ha appena terminato di votare per la seconda volta scheda bianca: «Anche nel 2013 l’inizio legislatur­a è stato molto complicato. Fino ad oggi noi del Pd abbiamo deciso di non sederci ai tavoli perché il quadro era già stato deciso da altri. Abbiamo posto il tema della condivisio­ne delle figure di garanzia: se Lega e 5 Stelle cambiano il metodo di confronto e c’è il salto di qualità che ci auspichiam­o non è escluso un ritorno al dialogo».

Vito Crimi Abbiamo posto un veto alle persone condannate perché non possono rappresent­are il Parlamento. Questione di «minimo sindacale»

 ?? (Cavicchi/LaPresse) ?? Matricole I neo deputati leghisti Formentini, Donina (al centro) e Bordonali
(Cavicchi/LaPresse) Matricole I neo deputati leghisti Formentini, Donina (al centro) e Bordonali
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy