Caso Bozzoli, indaga la procura generale
Oggi e domani riunione con le forze dell’ordine«per definire le strategie operative»
Giallo Bozzoli: i termini per le indagini sono ufficialmente scaduti. Ma adesso entra in gioco la procura generale, che con quella che tecnicamente si chiama avocazione, ha «preso» in mano il fascicolo affinché nulla resti intentato. Tempo trenta giorni per ulteriori indagini, più eventuali sei mesi di proroga. «Non ho intenzione di archiviare questo caso», assicura Pierluigi Maria Dell’Osso. Che assicura: «Nessuna censura o critica al lavoro della procura».
Dell’Osso Nessun motivo di censura o contrasto per il lavoro dei colleghi ma possono aprirsi altri scenari
Di sicuro uno strumento giuridico previsto dal codice di procedura penale. Certo, un modo per «prendere tempo» e usarlo tutto, quello a disposizione, fino ai tempi supplementari. Non da meno, l’unico modo, forse, affinché tutto non cadesse nel vuoto.
Con decreto firmato martedì, la procura generale ha avocato l’inchiesta sull’omicidio (in origine fu la scomparsa) dell’imprenditore Mario Bozzoli, che la sera dell’8 ottobre 2015 entrò nella fonderia di famiglia a Marcheno salvo poi svanire. Nel registro degli indagati — rispondono anche di distruzione di cadavere, presumibilmente finito in uno dei forni della fabbrica — sono stati iscritti due nipoti di Bozzoli, Giacomo e Alex, e altrettanti operai: Oscar Maggi e il senegalese Aboagye (Abu) Akwasi.
Dopo la doppia proroga concessa, i termini per la chiusura indagini sono scaduti il 12 gennaio scorso. Ma «il pubblico ministero, evidentemente sulla base di motivazioni pertinenti, non ha provveduto a chiedere l’archiviazione o, al contrario, depositare la chiusura indagini», spiega il procuratore generale Pier Luigi Maria Dell’Osso. Che ha deciso di prendere in mano la faccenda. Ma sia chiaro, ribadisce più volte a chi sostiene da tempo che siano stati commessi troppi errori o leggerezze nelle indagini: «Nelle motivazioni del mio provvedimento non faccio cenno a eventuali profili di censura o critica nei confronti dei colleghi. Del resto, ricorda, «questo caso si è presentata complesso sin dalle prime battute e non ho motivi per ritenere sia mancato qualcosa». Si riparte da qui. Tempo trenta giorni per i nuovi accertamenti (che essendo condotti dalla procura generale saranno utilizzabili a processo) più un’eventuale proroga di altri sei mesi a discrezione del gip. Certo è che «se ho avocato è ovvio io abbia in mente si possano fare alcune ulteriori investigazioni. Di sicuro non voglio archiviare». Per esempio, altri accertamenti di carattere bancario, finanziario, societario potrebbero avere un peso. Potrebbero aprirsi nuovi scenari, «da calcare quantomeno in linea teorica. E dobbiamo tentare». Fosse anche solo rivalutando o concatenando eventi, testimonianze (pur tardive) o rapporti umani: «Tutti gli elementi a disposizione vanno messi in fila, su più varianti». Nonostante «in quasi due anni e mezzo ciascuno abbia detto o fatto ciò che credeva, ed è legittimo. Ripeto, se avessi ravvisato profili di censura o omissioni avrei preso provvedimenti diversi visto che ne ho piena facoltà».
Non si perda tempo. Oggi pomeriggio e domani mattina il pg ha convocato una riunione con le forze dell’ordine: carabinieri e Ros, ma anche Dia, guardia di finanza e polizia, «per parlare di strategie operative». Sulla scrivania del pg c’è un altro fascicolo. Aperto (per ora) contro ignoti per la morte di Giuseppe Ghirardini: operaio alla Bozzoli, al lavoro la sera dell’8 ottobre, scomparve sei giorni dopo e fu trovato morto a Case di Viso, in Valcamonica. Suicidio da avvelenamento, per gli inquirenti. Non per la famiglia. «Sto valutando», dice Dell’Osso. Ma quella imboccata dalla procura sul giallo di Marcheno era la pista giusta, quindi? «Vedremo».