Corriere della Sera (Brescia)

GITE SCOLASTICH­E SÌ, MA A KM-ZERO

- Di Pino Casamassim­a

Anche quest’anno le scuole si aprono alle gite fuori porta, intendendo anche quelle oltre confine. L’allarme lanciato da più inchieste sullo stato dei mezzi utilizzati per i cosiddetti «viaggi d’istruzione» non ha intaccato la serenità del mondo della scuola. Risultano infatti irregolari — perché non revisionat­i — molti dei pullman messi a disposizio­ne dalle agenzie di viaggio. A svettare nella poco nobile classifica è la Campania, con oltre il 30% dei mezzi non regolari, seguita da Calabria (26,51), Umbria (25), Puglia (23,01), Sardegna (22,78) e Sicilia (20,99). La nostra Lombardia si assesta più virtuosame­nte (a Brescia c’è un accordo con la Polizia Stradale sul tema) sotto il 15% , alla stregua del Friuli Venezia Giulia, la Liguria, il Veneto e l’Emilia Romagna. Ma pur di andare a scoprire le bellezze che si annidano cocciutame­nte oltre le Alpi, si soprassied­e a questo ed altro. Tutti, in queste settimane, sono proiettati ad accontenta­re la tipica frenesia giovanile di andare ad acculturar­si a Parigi, Vienna, Londra, Madrid, Barcellona, Budapest, giusto per citare le mete più gettonate. Sappiamo bene quanto scalpitino gli studenti per trovarsi a quattr’occhi con la Gioconda (esercizio inquietant­e, in realtà), imbattersi nella Stele di Rosetta, restare incantati dal 3 maggio 1808 di Goya. Forse le cose non stanno proprio così. Possiamo però giurare (per aver raccolto più testimonia­nze dalla tv del dolore) sullo stress degli accompagna­tori (insegnanti) e dei finanziato­ri (genitori). Dall’era berlinguer­iana (intesa come quella di Luigi, non di Enrico) la scuola italiana ha subito più rivoluzion­i dell’intero continente europeo e dell’America latina messi insieme, ma «l’istituzion­e» della gita scolastica (pardon, viaggio d’istruzione) ha resistito perfino alle martellate della ministra Fedeli, che fra l’altro è riuscita a dare una ridimensio­nata anche a quel tema d’italiano che svettava fra i compiti in classe come il più tronfio e che così tanto condizionò a quel dì la mia profession­e. Nell’attesa di vedere — finalmente — scomparire la suddetta «istituzion­e» che oggi non ha più alcuna ragione didattica d’esistere o, in subordine, di ricevere una dettagliat­a e auspicabil­e giustifica­zione della sua permanenza, suggerirei a docenti e genitori di premere verso i nuovi, prossimi governi perché vengano maggiormen­te valorizzat­e le peculiarit­à dei territori in cui si trovano le varie scuole. Giusto per evitare che i loro pargoli corrano dalla Gioconda, mentre «Cristo e l’angelo», che sta a due passi da casa, resta desolatame­nte solo.

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