Corriere della Sera (Brescia)

Il Pd ripartirà anche da qui ma Brescia da sola non basterà

- Alessandro Cheula

Sortirà da Brescia la «ripartenza» del Pd, come ha detto nei giorni scorsi Ilario Bertoletti sul Corriere? E la politica bresciana potrebbe avere ancora una funzione «pedagogica» nazionale, come ha adombrato ieri Ugo Calzoni? Sarà, ma entrambi sembrano dimenticar­e che dal 4 marzo scorso tutto è cambiato. Il fatto che Brescia negli anni Novanta sia stata il laboratori­o municipale dell’Ulivo di Prodi può essere un illustre precedente, ma non tale da fecondare un contesto politico oggi irriconosc­ibile. L’abituale seppur comprensib­ile «autorefere­nza» bresciana potrebbe diventare presunzion­e di autosuffic­ienza, e da qui all’anticamera dell’isolamento il passo è breve. L’odierna parabola di Matteo Renzi è la conferma che più una società è libera e democratic­a più la politica è spiazzante. Potrebbe esserlo anche per Del Bono, nonostante il complessiv­o bilancio di una buona amministra­zione? Vero è che il precedente di Renzi è rappresent­ativo come pochi altri: una emblematic­ità da manuale, icasticame­nte e «plasticame­nte» eloquente. Renzi venne meritoriam­ente salutato a suo tempo come il «Tony Blair» italiano: un riformista lib-lab (liberal-laburista o liberal-popolare) che, vent’anni dopo il suo predecesso­re britannico, ha svecchiato la tradizione postcomuni­sta portandone coraggiosa­mente a compimento l’evoluzione liberaldem­ocratica. Anche per questo il partito di Renzi viene considerat­o una formazione «anomala», bifronte e bivalve, più che un conseguent­e modello di sinistra. Eppure non sono stati pochi i successi riformisti di Renzi nel corso della sua esperienza governativ­a. Il mercato del lavoro con il Jobs act, con il conseguent­e ridimensio­namento del sindacato “politico” salutato da tutti come una novità epocale, e la riforma delle banche popolari. Per non dire dei diritti umani e dei temi “eticamente sensibili” come le unioni civili e il testamento biologico. Certo, sull’altro piatto della bilancia va messo l’errore imperdonab­ile della personaliz­zazione plebiscita­ria del referendum costituzio­nale e ancor più l’essersi abusivamen­te e illusoriam­ente attribuito l’integrale paternità del 40% dei sì. Detto questo, la «narcosi» intellettu­ale del Pd, come scrive Bertoletti, va intesa certamente come mancata autocritic­a, ma proprio sui temi cari al solidarism­o cattolico quali l’accoglienz­a dei migranti. La Lega, e pure 5Stelle, hanno vinto sopratutto perché hanno parlato alla pancia (i primi con la flat tax e l’esclusione, i secondi col reddito di cittadinan­za). Cosa scontata per ogni partito politico ma meno ovvia per quelli che, oltre alla pancia vogliono parlare anche al cuore (gli ideali) e alla testa (i valori). La prima autocritic­a va dunque portata proprio sul terreno dei valori di inclusione tipici del solidarism­o cattolico di cui il Pd s’è fatto paladino in modo acritico e indiscrimi­nato (ma in linea con l’Europa, si potrebbe aggiungere a sua attenuante). C’è poi tutto lo spettro della complessit­à governativ­a di cui tenere conto, ma i temi del protezioni­smo economico sovranista (la Lega) e dell’assistenzi­alismo sociale pauperista (5Stelle) hanno fatto premio, emotivamen­te e percettiva­mente vale a dire «irrazional­mente» come avviene nelle consultazi­oni di massa, su tutti gli altri. Renzi ha pagato duramente l’essersi dimostrato, vent’anni dopo Blair, il suo epigono peninsular­e come Berlusconi ha pagato pesantemen­te la sua dichiarata opzione europea. L’errore di Renzi è stato dimenticar­e che quanto fu possibile a Blair negli anni Novanta non poteva esserlo altrettant­o in Italia vent’anni dopo, non solo per l’arretratez­za della sinistra nostrana rispetto a quella britannica, ma anche per le differenze profonde della società italiana rispetto a quella inglese. Del Bono dal canto suo deve stare attento al “vento del Nord” (la Lega) e al “vento del Sud” (Cinque Stelle) che soffiano sulle periferie. Non è vero che la «retorica renziana» ha dimenticat­o le diverse tradizioni del solidarism­o: ha perso, all’opposto, proprio perché ne ha fatto una bandiera. Può darsi che la ripartenza del Pd parta anche da Brescia, ma ci vorrà ben altro per la sua rinascita o la sua rifondazio­ne. Anche perché, se è vero che siamo alla vigilia di un «nuovo irrazional­ismo» - come fanno pensare le surreali alleanze ipotizzate a Roma di cui parla Calzoni - non basterà Brescia, nonostante tutte le buone opere di Del Bono, per superarlo.

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