STATALE: NUOVO PATTO CON LA CITTÀ
Il recente articolo di Tino Bino (Corriere del 19 aprile scorso) stimola la ripresa di alcuni temi cari a tutti coloro i quali vivono con passione la vita universitaria. La dimensione spaziale suscitata dalla lettura è quella che ci porta da un’esperienza di città universitaria, alla dimensione internazionale. La dimensione temporale, quella che ci fa lavorare per far evolvere un’Ateneo giovane, ma proprio per questo con tante energie. L’esperienza dell’Università si vive certamente a fondo se vi si dedicano tempo e passione. Le Università sono comunità di docenti e discenti e talvolta le occasioni di apprendimento sono legate ad incontri occasionali, colloqui, visite, condivisione di vita di laboratorio, più che alla lezione frontale. Anzi, su questo versante ci è chiesto certamente un adeguamento dei metodi e delle tecniche, in una società della comunicazione che fa pochi sconti alla didattica tradizionale. Consolidare le già importanti strutture di servizio, in Università e nella città, che possano garantire la permanenza e lo studio, la sperimentazione e la contaminazione con altre discipline è certamente importante. Continuando la valorizzazione dei contenitori storici nel centro, e consolidando la dimensione di vero campus a nord della città, garantendo piena permeabilità tra gli edifici.
Siamo pronti per una nuova stagione di interventi anche sugli spazi, per far fronte ad esigenze mutate della didattica, alla necessità di diminuire la numerosità delle classi di medicina, alla crescita degli studenti di ingegneria, al bisogno di nuovi laboratori di sperimentazione e simulazione. Qualche risorsa economica è già nel bilancio 2018 e altre ne potranno venire se la dimensione del nostro Ateneo, ormai classificabile tra i “medi”, potrà continuare ad aumentare. Ma per rivitalizzare la città serve consolidare il patto con l’Amministrazione comunale, un dialogo da sempre aperto, ma che duri nel tempo, che consenta sinergie, che valorizzi la funzione rigenerante della presenza dei giovani, alternativa ad altre funzioni magari più redditizie nel breve periodo, ma che snaturano la ritrovata dimensione culturale della città. Dalla città al mondo. Il percorso sui diciassette obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite sta mostrando al territorio che i nostri docenti sono competenti e sanno trasmettere la conoscenza settoriale anche al grande pubblico e dimostrano capacità di attrarre a Brescia le menti più illuminate sulle tematiche trattate. È un segno per tutti: la ricerca non ha barriere, non conosce pregiudizi, se non quelli posti dal rifiuto della curiosità, dall’idolatria dell’ovvio, dalla pigrizia del luogo comune, dalla paura della diversità. L’internazionalizzazione dell’Università degli Studi di Brescia è in crescita: crescono i contatti e i legami, gli studenti stranieri in ingresso, crescono le offerte didattiche in inglese (non si tema di perdere la lingua madre: chi domina altre lingue normalmente parla molto meglio della media anche quella materna). Cresce la voglia di costruire le relazioni internazionali sulla cultura e l’incontro tra i giovani, uniche garanzie per una pace duratura. Serve tempo per costruire un’Istituzione che nel nostro paese misura la sua età in secoli. Proseguiremo valorizzando tutte le competenze già presenti ed attive, sostenendo le ricerche anche più piccole, ma promettenti. Se il territorio unisse le proprie forze per una vera azione di lobbying a livello comunitario, il sistema Brescia, già ricco di molte iniziative, potrebbe spendere anche una caratteristica che non ha ancora sufficientemente sviluppato: la capacità di coordinamento. Potremmo coordinare le iniziative culturali, tante e varie in città, semplicemente condividendo le agende. Condividere i progetti di ricerca e le eccellenze delle strutture sanitarie, senza doppioni. Valorizzare le competenze specifiche delle sedi universitarie. Coordinare con la ricerca le capacità di un settore imprenditoriale che ci invidia l’Italia intera. Siamo impegnati in questo percorso, per il tempo che ci è dato di servire un’Istituzione che merita molto più sostegno di quanto oggi un diffuso sentire sembra attribuirle.