La Casa della Memoria divisa sul nuovo museo «Basta indugi, si farà»
Il direttore: Anpi contraria, ma serve per il rilancio
Gli incontri con le scolaresche, quasi ogni mattina. Gli spettacoli teatrali e le mostre, ma a posti limitati: massimo 150 persone. «Non siamo certo Expo» scherza Andrea Kerbaker, direttore della Casa della Memoria inaugurata tre anni fa in via Confalonieri, all’Isola. Uno spazio abitato da cinque associazioni, culla del passato recente di Milano eppure ancora non entrato nel cuore di tutti i milanesi. «È un percorso lento di crescita — spiega —, la Casa funziona da punto di partenza per le associazioni che lavorano molto sul territorio. Facciamo attività capillari, non rivolte al grande pubblico. Lo spazio in sede non è molto». Tra i cinque coinquilini poi (Associazione nazionale dei partigiani, quella degli ex deportati, l’istituto di studi Ferruccio Parri, l’associazione delle vittime del terrorismo e quella per le vittime di piazza Fontana) non sempre è facile condividere idee. «A volte nasce qualche conflitto e bisogna fare opera di mediazione» dice Kerbaker, che incarna il ruolo di conciliatore e cerca di amalgamare le iniziative nel rispetto delle singole identità. «La Casa è nata in forma di dialogo». Un elemento di complessità che ne è anche il punto di forza.
La stessa ambivalenza si rispecchia nel progetto del Museo della Resistenza, annunciato nel 2015 dall’allora ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. Budget 2,5 milioni di euro, sede prescelta i 400 metri quadrati del pian terreno della Casa della Memoria. Un’idea che l’Anpi provinciale e nazionale ha subito bocciato per via dell’esiguità degli spazi, proponendo sedi alternative (una parte del Museo del Risorgimento, un istituto tecnico dismesso in corso di Porta Vigentina). Eppure, nonostante l’opposizione del principale interessato, il piano procede. Anzi, secondo il direttore potrebbe essere proprio la carta da giocare per
Andrea Kerbaker La sede funziona come punto di partenza per gruppi che poi lavorano sul territorio
rilanciare la Casa e darle quella rilevanza che ancora le manca. «Acquisterebbe visibilità, sarebbe al centro dell’attenzione di un pubblico che ora come mai è recettivo». Tanto più che gli altri quattro «residenti» al civico 14 di via Confalonieri «sono d’accordo con l’idea». A coordinare il progetto l’istituto di studi Ferruccio Parri, che già tiene le fila di 64 musei.
«L’Anpi è perplessa sulla sede — ammette Kerbaker —, dice che non si presta ed è vero se si immagina un museo ampio. Ma io dico: iniziamo a usarlo come spazio dedicato, poi se in futuro ci saranno altre strutture e budget adeguati ben vengano. Con una posizione negativa però non si va da nessuna parte». I tempi di concretizzazione non sono ancora certi, ma il gruppo di lavoro continua nell’elaborazione del percorso multimediale sulla Resistenza. «Immaginiamo una grande agorà al centro per continuare a ospitare incontri. Attorno, postazioni che permetteranno ai visitatori di collegarsi virtualmente con i musei dedicati a questo periodo storico». Un escamotage per rimediare alla carenza di metri quadrati. «E il percorso si concluderà all’esterno con una camminata per ricordare le tappe e i contenuti della Costituzione, i cui valori sono nati dal movimento di liberazione».
Rimane ferma sul no l’Anpi. «Non osano più chiamarlo museo, il nome è stato cambiato in “Spazio resistenza ‘43-’45” — dice il presidente dell’Anpi provinciale Roberto Cenati —. Un progetto che toglierebbe spazio alle attività delle associazioni e manderebbe in rovina la Casa della Memoria, che invece vede crescere sempre di più il suo successo». L’esposizione permanente non permetterebbe di continuare con le presentazioni di libri, gli incontri e le mostre temporanee che attualmente animano la struttura. «Non sono mai state prese in considerazioni le alternative che abbiamo avanzato. Faccio un appello al ripensamento. Milano, città medaglia d’oro e capitale della Resistenza, si merita qualcosa di meglio».