Esposto in Procura contro il ristorante nella Rocca
Italia Nostra chiede alla magistratura di verificare se nel progetto siano state violate le norme del codice dei Beni culturali
Quello che dovrebbe essere destinato ad ospitare i matrimoni e la ristorazione degli eventi che si svolgono nella suggestiva cornice della Rocca di Lonato prima è diventato un caso politico, ora rischia di diventare un caso giudiziario. Ad interessare la Procura di Brescia, chiedendo se sono state rispettate le regole del codice dei Beni culturali è un esposto di Italia Nostra.
Èsul tavolo del Procuratore della Repubblica di Brescia l’Esposto di Italia Nostra, firmato dalla presidente Rossana Bettinelli, contro la costruzione di un padiglione in ferro, vetro e calcestruzzo all’interno della cerchia muraria della Rocca di Lonato, iniziata nello scorso gennaio. La rocca è alla sommità di un anfiteatro morenico che domina il Garda. Di origine viscontea divenne veneziana, poi abbandonata nel 1796 dagli Schiavoni, passata alla Repubblica Cisalpina (responsabile del degrado del bene) infine acquistata nel 1907 dal senatore Ugo da Como che ne avviò il recupero (non senza ricostruzioni stilistiche) e la pose a sede della sua collezione poi Fondazione per la promozione degli studi storici, tuttora proprietaria. La rocca è riconosciuta come monumento nazionale e tutelata dal 1912 (riconferma nel 1997). Dal 2006 nell’area verde l’ex Piazza d’armi della rocca si sussegue la costruzione di imbarazzanti padiglioni in tensostruttura o altro per ospitavi meeting e, soprattutto, matrimoni, necessari a sostenere l’attività della Fondazione. Imbarazzanti ma effimeri, rimuovibili.
Valutando queste attività come necessarie in maniera permanente, la Fondazione ha deciso di passare alla costruzione di un padiglione fisso, con radici (e che radici!) a terra, che ha ottenuto il via libera dal Comune e dalla Sovrintendenza (iter iniziato il 22 marzo, confermato il 7 agosto 2017, sovrintendente Giuseppe Stolfi): di fatto la piazza d’armi all’interno della cerchia muraria è diventata un lotto edificabile. Ciò contravviene le istanze di tutela portate avanti dalle più avanzate scuole di conservazione dei monumenti, come quelle del Politecnico di Milano (la rivista «Ananke» di questa scuola dedicherà alla rocca un intervento su uno dei prossimi numeri) e i principi di Italia Nostra, che ritiene l’intervento «gravemente lesivo dell’integrità fisica della monumentale fortezza e della sua identità storica in palese contrasto con la vincolante disciplina conservativa dettata dall’art.29 del codice dei Beni culturali». In particolare bisogna evidenziare che i pali d’acciaio della nuova struttura penetrano fino a 7 metri nel terreno iniettati con calcestruzzo a pressione, che l’edificio ha una vasta superficie di 536 metri quadrati con una copertura alta 5 metri dei quali la metà emergono dal bastione. Per questo Italia Nostra chiede al Procuratore di valutare se nell’intervento siano ravvisabili reati che ledono il Codice dei Beni culturali e se sussista l’esigenza di chiedere al Giudice il provvedimento cautelare «a impedire che la condotta illecita sia portata a conclusione con la lesione irreparabile del bene culturale». Ovvero lo stop dei lavori.
Tutto ciò riporta al problema dell’uso del bene storico nell’età Postmoderna del Capitalismo mediatico, nella quale gli individui non si fanno carico personalmente del bene ereditato dai progenitori demandano l’onerosa gestione a terzi e palesandosi solo per un consumo evenemenziale
L’intervento È gravemente lesivo dell’integrità fisica della fortezza e della sua identità storica
Le richieste cautelari Valutate se servono interventi ad impedire che la condotta porti lesioni irreparabili
dello stesso bene: una bella festa, un raduno, un matrimonio, una serata e via….
Ma proprio questo discutibile atteggiamento contemporaneo induce a ritenere più consona una soluzione non definitiva, ovvero un montaggio di tende e strutture all’uopo, proprio come si faceva storicamente nelle piazze d’armi. Si pensi che soluzioni provvisorie sono oggi adottate persino in centro città: la piazzetta davanti alla Scala di Milano presenta panchine che si montano e smontano ogni mese in relazione all’uso dello spazio.
Se poi progetto definitivo si vuole, allora - senza nulla togliere a quello dell’ingegner Andrea Zampati e al suo tetto in finto tappeto verde -, ci vorrebbe un progetto “d’autore”, che aggiunga qualità allo spazio e non assolva solo a una funzione. Questo padiglione in ferro, vetro, calcestruzzo ecc… non sembra un’opera di architettura appositamente pensata solo e per Lonato, non sembra rispondere al genius-loci, tanto che lo si potrebbe vedere e trasferire in qualsiasi altro luogo del mondo. Ecco, questa è la cartina al tornasole per valutare un’architettura di qualità dentro l’antico: se si può vedere o trasferire altrove non è pensata con qualità per quel proprio luogo.