L’imperatore pop Mannarino in un live intimo
Mannarino al Gran Teatro Morato con un live intimo: «Un rito collettivo da cui si esce diversi»
Dopo l’uscita del primo album dal vivo Apriti o cielo live, nato sulla scia di un nuovo tour di successo, Alessandro Mannarino ha ripreso a cantare dal vivo con L’impero crollerà. L’artista romano si esibirà stasera alle 21.30 al Gran Teatro Morato (biglietti da 39 a 48.50 euro). Ancora una volta Mannarino si ritaglia un nuovo spazio live di sperimentazione: L’Impero crollerà nasce da questa esigenza di riproporsi in una dimensione più intima e per offrire uno spettacolo inedito al pubblico che continua a seguire la sua evoluzione. La parola impero è un simbolo ma anche una metafora, ed è anche quel luogo immaginario che fa da sfondo a molte sue storie. Con questo tour, sarà come entrarci dentro, sentirne i suoni e le voci. L’album, certificato Disco d’oro, ha superato i 15 milioni di streaming su Spotify; inoltre Mannarino ha ottenuto anche la Targa Faber. Insomma, non male per un artista con alle spalle una sudata gavetta e che da qualche anno raccoglie i meritati frutti.
Lei vanta un sold out dopo l’altro con 100 mila biglietti venduti. Come è arrivato a questi traguardi?
«Passo dopo passo, concentrandomi su una ricerca artistica rigorosa, cercando di stupire me stesso prima del pubblico».
Questo tour in cosa di differenzia dal precedente?
«È un’operazione verità verso me stesso, perché non sono più lo stesso di qualche mese fa. L’idea nasce come riflessione su alcuni versi di Apriti cielo: “Per chi non ha bandiera, per chi non ha preghiera”. Il filo rosso è la battaglia alla convinzione che il nostro sistema sia quello giusto, ma non farò comizi, solo canzoni. Quando ho scelto il titolo del tour avevo queste parole in testa, quasi lo slogan di un film dispotico e l’idea di mettere in piedi un viaggio per far crollare l’impero».
Punto centrale del disco. «Si, ma non potevo farcela da solo, così ho scelto di chiedere aiuto alle antiche culture indigene, le tribù africane, tutti quelli che hanno lottato e lottano per salvare la propria identità, la loro umanità e anche la loro terra. Non parlo di rivoluzione sociale ma interiore. Nella mia visione l’impero non ha nulla a che fare con la politica in senso stretto, ma è piuttosto quello che ci porta dentro, col suo emissario sempre pronto a dirci cosa si può e cosa non si può fare. Ciascuno lotta contro il suo, io lotto contro il mio».
Il viaggio ricorre spesso nel suo album. Che connessioni ci sono secondo lei tra musica e viaggio?
«I viaggi ti cambiano, ti fanno crescere, è successo anche a me in Brasile dove è nata la riflessione per questo tour quando ho avuto l’occasione di entrare in contatto con le popolazioni indigene sudamericane. Questo live è una ricerca sull’umanità primordiale».
Che rapporto ha con il suo pubblico?
«Ormai può essere considerato come una sorta di comunità che si riconosce intorno ad alcuni ideali. La musica parla a tutti senza distinzioni ed evoca qualcosa che fa da leva su una base comune profondamente umana. I miei concerti sono una sorta di rito collettivo, una festa. Le persone vengono per stare bene e per uscirne in qualche modo cambiati».
Ispirazione L’idea del tour è nata in Brasile, quando sono entrato in contatto con le popolazioni indigene sudamerica ne. Il live è una ricerca sull’umanità primordiale