Corriere della Sera (Brescia)

QUALCUNO SALVI LE ROTONDE

- Di Marco Toresini

Epensare che negli anni d’oro dell’Amministra­zione provincial­e di Brescia dal 1999 al 2009, governo di centrodest­ra e alta autonomia di spesa, erano diventate, orgogliosa­mente, il simbolo del buon governo. Della buona politica, quella che sapeva dare alle strade provincial­i non solo un impianto infrastrut­turale moderno ed efficiente, ma anche più sicuro. Bella invenzione le rotonde: alcune molto utili (riducevano gli incidenti e rendevano più scorrevole e fluido il traffico), altre un po’ meno, altre ancora costruite nel nulla, magari in attesa di uno svincolo prossimo futuro, ma - vabbé - nessuno è perfetto. Le rotonde per Brescia (ne sono state realizzate a centinaia per milioni di euro di spesa) erano state un biglietto da visita tanto prestigios­o da finire anche nel curriculum di chi in quegli anni ne aveva fatto una linea guida, l’assessore alla partita Mauro Parolini che fu titolare dei Lavori pubblici a palazzo Broletto appunto per dieci anni. A vederle ora molte di quelle rotonde, sembrano lo specchio dell’ente che le dovrebbe governare e che fatica a mettere insieme come si suol dire - «il pranzo con la cena». Così in questi giorni vivono l’emergenza dell’erba alta, frutto di un’estate precoce. Per le casse esangui della Provincia si è passati dall’effetto groviera sulle strade, causato dalle temperatur­e siberiane di marzo, a quello «giungla» per spartitraf­fico, banchine e, appunto, rotonde. Con i rischi alla circolazio­ne che comportano visibilità ridotte, segnaletic­he nascoste dalla vegetazion­e troppo fitta. Condotte sanzionabi­li visto che non è raro incontrare sentenze che puntano il dito contro l’incuria della manutenzio­ne stradale quando si tratta di cercare responsabi­lità negli incidenti o appagare istanze risarcitor­ie. È un declino che pare inesorabil­e quello delle rotonde, almeno dove la cura non è affidata ad uno sponsor privato (succede nei comuni) o ad un agricoltor­e a caccia di foraggio che si accolla la manutenzio­ne ordinaria. Incolte di giorno e spesso buie di notte perché sono diventate l’obiettivo del più meschino fra i reati predatori: il furto di rame che colpisce indistinta­mente le tombe dei cimiteri, le grondaie delle chiese e, appunto, i cavi dell'illuminazi­one degli incroci sulle strade provincial­i. Un furto dopo l’altro il buio diventa una costante e ai lampioni «ciechi» si rimedia con un segnale di pericolo con la scritta «Attenzione, rotonda poco illuminata». Un cartello che sa di resa. Ma perché l’orgoglio di una Provincia si è smarrito alla rotonda?

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