Un viaggio poetico nella natura tra catastrofi e paradisi perduti
Schegge creative, incubi e presagi: è un viaggio catartico nel mondo vegetale che inizia dal Terzo giorno della Genesi e implode in una crisi. La natura — rigogliosa, anarchica, ferita — ha contaminato il palazzo del Governatore di Parma: un proliferare di arti-star — Marina Abramovich, Gabriele Basilico, Roger Ballen e Mario Giacomelli per citare qualche nome — l’hanno consacrata a loro musa in dipinti, sculture, fotografie e installazioni site specific. Dalle reliquie dell’Arte Povera di Mario Merz e Gilberto Zorio agli scatti nitidi Sebastião Salgado, la mostra Il terzo giorno (a cura di Didi Bozzini, fino al primo luglio) interpreta la suggestione con 40 artisti e un centinaio di lavori. È un racconto poetico che si dipana tra visioni e inquietudini: scevro da un afflato militante o noiosamente didascalico, vuole ispirare le coscienze. La mostra si insinua nei meandri della natura e, all’inizio, ne racconta il fascino paradisiaco con l’Eden lussureggiante e immortalato senza retorica da Mario Giacomelli o il menabò sbavato d’inchiostro del libro in cui Alighiero Boetti e la moglie hanno raccolto i mille fiumi più lunghi del pianeta. La grande bellezza della natura si dissolve nella desolazione di città utopiche, nelle fotografie in bianco e nero di messicani dagli abiti lisi in fuga dalla Depressione e in allusioni nichilistiche. Alla fine, un ritorno all’origine in cui trapela il messaggio: l’uomo è artefice del proprio destino e di quello del mondo. «Oggi il rischio della catastrofe è concreto», ha detto Bozzini. «Forse è giunto il tempo di chiedersi se non sia possibile trovare la strada per un nuovo Eden. Questa mostra è piena di speranza».