«Tempi lunghi per riaprire il punto nascite in ospedale»
Serviranno mesi, forse anche di più, perché le famiglie della Bassa Lodigiana tornino a far nascere i loro bambini a Codogno. Il punto nascite dell’ospedale infatti per ora non riapre, comunque non nel breve-medio periodo, lasciando a Lodi il ruolo di unico presidio della provincia con una sala parto attiva. Lo ha affermato l’assessore regionale al welfare Giulio Gallera, ieri nell’ospedale codognese per presentare il piano di salvataggio del secondo presidio dell’Asst Lodi. Il piano esiste, ma richiede tempo, anche perché Codogno non è l’unico piccolo ospedale a soffrire la carenza di personale medico. «In Lombardia nei prossimi due anni — ha detto Gallera — perderemo 250 pediatri e 300 ginecologi, la maggior parte dei quali non sarà rimpiazzata: nelle scuole di specializzazione ogni anno gli ingressi sono 56 a pediatria e 51 a ginecologia. La carenza di specialisti ha dimensioni nazionali, non solo regionali ed è dovuta a una normativa che impedisce di sostituire integralmente chi va in pensione: per il 2020 la spesa sanitaria deve essere pari a quella del 2004 con un abbattimento dell’1,5 %».
Il progetto Nei concorsi degli hub ospedalieri si dovranno prevedere anche periodi in presidi minori
Logico che siano i pochi specialisti che escono dalle scuole a scegliere dove andare e non viceversa. I concorsi e i bandi lanciati dall’Asst Lodi per trovare figure professionali sono andati deserti. E, dice il direttore generale Giuseppe Rossi, per riaprire neonatologia a Codogno occorrono 22 medici tra ginecologi e pediatri in totale fra i due presidi ospedalieri del territorio. Oggi ce ne sono la metà. La Regione intende introdurre nuovi modelli di reclutamento, ha anticipato ieri Gallera, così che nei concorsi banditi dai grandi hub ospedalieri dovranno essere previsti anche periodi nei presidi minori. La Regione tuttavia non intende depauperare Codogno: «È un presidio di riferimento e continueremo a investire — assicura l’assessore — attivando entro il 2018 l’unità di riabilitazione cardiologica da 20 posti letto, entro settembre il servizio pneumologico e trasformando il presidio in un centro-hub per la gestione del piede diabetico». Promesse contestate dal responsabile Fsi Usae Gianfranco Bignamini, che sottolinea come il piano regionale non sia stato discusso con i sindacati: «Chiudete una sala parto che fa 500 nascite l’anno e ne salvate una come Angera che ne fa 200».