Comitato No Tav Il nuovo ricorso sarà «collettivo»
L’invito ad aderire per bloccare l’opera
Ne sono convinti: «il passaggio del Tav creerà seri danni all’ambiente e all’economia locale». Per questo il comitato contro l’infrastruttura ha preparato l’ennesimo ricorso al Tar del Lazio contro il progetto definitivo approvato dal Cipe a Luglio (2,7 miliardi per 63 chilometri di tracciato). L’appello per aderire al ricorso (entro martedì) è rivolto non solo ai circa seicento privati interessati dai futuri espropri ma anche ai «frontisti», ossia i vicini di casa che risulterebbero «danneggiati» dal passaggio della strada ferrata, in quanto le loro proprietà immobiliari perderebbero valore.
Più che le azioni dimostrative e i cortei di protesta, la battaglia del coordinamento No Tav Brescia-Verona si gioca per vie legali. Nonostante l’approvazione dell’opera da parte della Corte dei conti e le bocciature riscontrate nel 2017, gli avvocati del movimento hanno avuto mandato di presentare un nuovo ricorso al Tar. L’obiettivo è bloccare l’opera, ma l’ambizione è che l’istanza (rivolta al Tar del Lazio) sia sottoscritta non solo dalle persone coinvolte dagli espropri, ma anche dai «frontisti», ossia i vicini di casa che risulterebbero danneggiati sia dal passaggio della Tav («con la diminuzione di valore della proprietà») sia dai cantieri, destinati a durare almeno sette anni.
Ciò che il coordinamento No Tav vuole impugnare è la delibera 42 del 10 luglio scorso, documento con cui il Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) ha approvato il progetto del tracciato di 63 chilometri che vale 2,7 miliardi di euro. Ma quella dei No Tav è una corsa contro il tempo. Infatti, la delibera 42/2017, pubblicata in Gazzetta Ufficiale soltanto il 24 marzo di quest’anno, presenta una finestra di 60 giorni: è il tempo massimo per impugnarla. Ecco perché gli attivisti No Tav rivolgono un appello affinché in tanti aderiscano al ricorso, sottoscrivendo «entro l’8 maggio» tutti i documenti necessari «che si trovano sul nostro sito notavbs.org o su Facebook».
L’obiettivo è coinvolgere «tutti i possibili espropriandi da Brescia a Verona», comprese le persone interessate dal nuovo tracciato che sostituisce lo shunt con il passaggio all’interno di Brescia, «quindi compresi gli abitanti della città: la mancata contestazione — spiegano — ora potrebbe compromettere nel futuro l’impugnazione contro il progetto preliminare e quello definitivo». E poi ci sono i frontisti, «che potrebbero rischiare, come già successo su altre tratte Tav, di non poter far valere eventuali danni che derivano dalle attività di cantiere, come quelli agli edifici, se non impugnano ora il ricorso». A chi teme delle grane, il coordinamento ripete che l’impugnazione non danneggerà nessuno: «Anzi — dicono — aumenta la vostra forza contrattuale in sede di un possibile futuro esproprio (come già avvenuto in casi concreti) e, soprattutto, unisce le forze per un’azione legale collettiva».
Nonostante le difficoltà, i No Tav non si fermano. Nel maggio 2017 il Tar del Lazio — competente per gli atti del governo — bocciò il ricorso degli attivisti che avevano impugnato la Valutazione di impatto ambientale sulla Brescia-Verona. Sul tema, però, dovrà pronunciarsi il Consiglio di Stato, al quale i legali si sono appellati. La convinzione per la quale gli attivisti continuano a combattere è che la Tav sia «un’opera che non presenta alcuna utilità per il nostro territorio e che creerà gravi danni all’economia locale, al turismo e alla vita di tutti».
I precedenti La Corte dei Conti ha dato l’ok, si aspetta che il Consiglio di Stato si pronunci sulla Via